A Napoli il sindaco Luigi De Magistris si vanta di avere risolto l'emergenza rifiuti. Ieri si scopre che 9.260 tonnellate di rifiuti napoletani sono stati smaltiti illegalmente in Lombardia, passando di mano in mano tra la municipalizzata di De Magistris, un consorzio, un intermediario e arrivando infine alle porte di Como, nelle società che un bravo imprenditore lombardo, Matteo Molinari, aveva consegnato nelle mani dei calabresi. Ed erano finiti in buona parte ad alimentare i roghi a ripetizione che, qua e là per la Lombardia, sono diventati il metodo spiccio di smaltimento della «monnezza» di ogni tipo.
In mattinata la retata dei carabinieri della Forestale. E si scopre che quanto già si intuiva, ovvero la presenza della malavita organizzata nel business dei rifiuti al Nord, è drammatica realtà. Vengono arrestate undici persone, saltano fuori storie disarmanti come quella dei rifiuti napoletani. Si scopre che alla testa dei clan c'era un giovanotto di 35 anni nato a Siderno, uscito quasi immacolato dai processi al Gotha lombardo della 'ndrangheta, amico e parente di boss dai nomi pesanti. E intorno a lui ruotavano tanti lombardi della zona «grigia», gente pronta - per paura, per quieto vivere, per quattrini - a scendere a patti con gli ecotrafficanti calabresi. Gente come il bustocco Molinari, o come Gabriele Sabatini che in mano ha un'area gigantesca come l'ex Snia di Varedo e apre le sue porte ai camion della banda. O come la comasca Sara Costenaro, consulente ambientale, laureata, brillante, che si mette al loro servizio sapendo bene con chi ha a che fare: «Il rischio deve valere la candela, devo avere un reddito sufficiente a mantenere mio figlio quando sarò in galera per te». E in galera ieri mattina c'è finita davvero.
Non ci finisce, invece, l'uomo (anche lui lombardo) che ha involontariamente portato i carabinieri sulle tracce della banda: Angelo Minerba, il grande collettore di rifiuti della discarica abusiva andata in fiamme l'anno scorso a Corteolona, vicino a Pavia. Tallonandolo, sotto la guida dei pm Alessandra Dolci, capo del Pool antimafia e Silvia Bonardi, la Forestale gli ha trovato una ridda di contatti con il giovanotti di Siderno: Angelo Romanello, casa a Erba, infaticabile manager di questo business clandestino. I due si sentono in continuazione, due o tre volte al giorno, 700 contatti in un anno. Unica preoccupazione: trovare una destinazione dove piazzare in qualunque modo le montagne di rifiuti che arrivano dal Sud, dalle strade di Napoli, ma anche da altrove. Il meccanismo è sempre lo stesso: Romanello si impadronisce di aziende di smaltimento - nel milanese, nel comasco, in Trentino - e inizia ad accumulare centinaia e centinaia di rifiuti. La prima società a essere inghiottita a costo zero è la Smr di Como, quella di Molinari, altre seguono il suo esempio. Quando i piazzali sono pieni, si sposta tutto in qualche capannone che di lì a poco prende fuoco.
Rifiuti smaltiti, soldi incassati, territori avvelenati. La Dolci ieri ha annunciato che è partito un piano di prevenzione, monitorare i capannoni smessi prima che diventino discariche: «Ma ce ne sono migliaia», dice amara.
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