Meno Stato, più Lombardia. Oltre tre milioni di elettori hanno partecipato al referendum per l'autonomia regionale, più tiepida la risposta di Milano. Alle 12 il dato dell'affluenza in Lombardia si ferma all'11,09%, prima la provincia di Bergamo con il 14,87% e fanalino di coda la città metropolitana di Milano con l'8,64% (quasi la metà). La seconda provincia al top è Lecco (13,75%), seguono Brescia (12,83%), Cremona (11,98%), Lodi (11,93%), Como (11,84%), Sondrio (11,72%), Varese (11,14%), Monza e Brianza (10,92%), Mantova (10,8%) e Pavia (10,23%). La città di Milano abbassa la media della provincia: a cinque ore dall'apertura dei seggi si sono presentati solo in 77.011 (il 7,6% degli iscritti al voto). La Regione ufficializza il dato definitivo della prima affluenza quasi alle 17 e a sinistra scatta la polemica. Alle 19 il dato si avvicina al quorum «virtuale» fissato alla vigilia dal governatore Roberto Maroni: «Nel 2001 andò a votare il 34%, mi aspetto di superare quella quota del referendum costituzionale sul Titolo V». E al secondo giro di boa il dato lombardo arriva al 31,7%. Il governatore lumbard tira un sospiro anche se in Veneto Luca Zaia festeggia già il raggiungimento del quorum vero (lì il referendum consultivo prevedeva la soglia del 50% più uno degli aventi diritto). Anche alle 19 è in testa Bergamo (39,75%), ultima Milano (25,67%), sei punti sotto la media regionale.
«In Veneto un quarto d'ora dopo le 19 si conosceva l'affluenza. In Lombardia il dato delle 12 è stato comunicato alle 17, non ci sono aggiornamenti sull'affluenza delle 19 e il sito Regione Lombardia con i risultati ufficiali non è più raggiungibile. È una situazione indecente e non ci si può nascondere solo dietro la scusa della novità del voto elettronico» attacca il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri. «Nessun problema tecnico sui dati» lo rassicura l'assessore al Referendum Gianni Fava che riferisce: «Hanno già votato 2 milioni e mezzo di Lombardi, un dato impressionante». Si procede verso il rush finale, i leghisti lanciano sui social lanciano le ultime chiamate alle urne. Ore 23: «Nonostante i gufi, hanno votato circa tre milioni di lombardi, oltre il 40%, e il 95% per il sì» riferisce Maroni.
A Milano il sindaco Beppe Sala aveva chiesto di votare sì. L'assessore dem Pierfrancesco Majorino fa notare che «uno dei punti più alti di astensione al voto e dal voto è costituito dalla città di Milano. Che evidentemente non si ritrova nello schema regionalista proposto. È un tema interessante, su cui lavorare». Chissà come si concilierà il suo ragionamento nella campagna per le Regionali contro Maroni, visto che il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (la provincia che ha fatto l'en plein, anche se in città si registrano quasi dieci punti in meno) è già in campagna come candidato governatore del Pd e ha coordinato il comitato dei sindaci per il sì, nonostante i malumori del suo partito e del ministro (bergamasco) Maurizio Martina. Il referendum ha prodotto un cortocircuito a sinistra. «Dal risultato di oggi non si torna indietro - commenta il leader di Energie per l'Italia Stefano Parisi - ora un'Assemblea costituente per ripensare il ruolo delle Regioni». Per il segretario milanese Pd Pietro Bussolati invece «La scarsa affluenza, in particolare a Milano, certifica la sconfitta politica di Maroni».
Vale la pensa ricordare qualche precedente. Al referendum sulle trivelle il 17 aprile del 2016 votò solo il 23,97% dei lombardi.
Molto più partecipato il referendum costituzionale del 4 dicembre scorso (64,21% alle urne), ma in tutta Italia la discussione sulla riforma si trasformò in un voto pro o contro il governo Renzi (che si dimise dopo la vittoria del no). Milano è stata tiepida alle urne persino alle Comunali del 2016, il ballottaggio tra Beppe Sala e Stefano Parisi è stato deciso dal 51,8% degli elettori milanesi, un su due restò a casa.
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