Triboniano, fuori dal campo trenta famiglie rom

Almeno venti o trenta famiglie rischiano lo «sfratto». La situazione, ammette il vicesindaco Riccardo De Corato, «non è soddisfacente, a settembre daremo una stretta e molti se ne dovranno andare». È passato più di un anno e mezzo da quando i nomadi di via Triboniano firmarono con il Comune e le associazioni del terzo settore il Patto di socialità e legalità. Il regolamento prevede che possa essere considerato membro del campo solo chi manda i propri figli a scuola, ha un lavoro, dimostra di avere un reddito e rispetta le regole igienico-sanitarie. Chi trasgredisce è fuori. Peccato che da allora, nonostante i frequenti controlli dei vigili, la situazione è rimasta critica: ancora pochi giorni fa il censimento dell’area 3, quella occupata non da container ma esclusivamente da roulotte, ha portato a sei occupanti spediti in questura perché senza badge e documenti. E De Corato spiega che gli stessi operatori della Casa della carità, che gestisce il campo, si lamentano e segnalano quanti hanno dimenticato il contenuto del patto. «La scena è sempre la stessa - si lamenta il vicesindaco, che è anche assessore alla Sicurezza - basta andare qualsiasi giorno all’ora di pranzo e si vedono uomini al campo, dunque non a lavorare, impegnati a giocare a carte. Molte famiglie inoltre non hanno mandato i bambini a scuola nel corso dell’anno. Non è in discussione il patto, ma è ora di verificare per bene chi non lo sta seguendo e queste famiglie dovranno lasciare il campo. Abbiamo già l’elenco di una trentina di nuclei che hanno trasgredito le regole». Una stretta «necessaria», aggiunge, «non possiamo tenere tutta la vita in un’area pagata dal Comune gente che non fa nulla, il campo deve essere una soluzione temporanea, dunque interverremo con forza per dare un segnale preciso». Dal febbraio 2007, già una ventina di famiglie hanno dovuto abbandonare l’area. L’assessore alle Politiche sociali Mariolina Moioli assicura che a Triboniano ci sono anche «tante famiglie che lavorano, e che oggi quindi si trovano in una condizione favorevole intanto perché godono della benevolenza dei milanesi, e poi possono permettersi economicamente di allontanarsi dal campo per affittare un appartamento o pagare un mutuo». Ma per chi delinque, «la strada è segnata dalla giustizia». Il prefetto, commissario straordinario per l’emergenza rom, sentendo anche il Comune, «emanerà presto un regolamento per la gestione dei campi nomadi, indurremo queste persone a integrarsi e rispettare le regole. Diversamente, interverremo».
Ma c’è un altro problema che allarma il vicesindaco, e coinvolge anche gli altri campi regolari. Diventati indirizzo dei nomadi agli arresti domiciliari. Nel caso di via Triboniano, il tribunale ha deciso di far ritornare nei container per scontare lì la pena otto donne in stato interessante o con figli piccoli da accudire. In via Impastato, la stessa «fortuna» è capitata a un uomo che ha commesso reati ed è tornato ai domiciliari nel campo finanziato dall’amministrazione.

«È assurdo - attacca De Corato - un cattivo esempio per gli altri rom, in particolare le donne incinte che così pensano di poter rubare e trasgredire la legge in altro modo sapendo che tanto torneranno a vivere nello stesso campo. Ho scritto una lettera al prefetto Gian Valerio Lombardi per chiedergli di convocare al più presto un tavolo del Comitato interistituzionale per l’ordine e la sicurezza per affrontare la questione».

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