Ha tutta l'aria di una nuova cantonata verde, lo stop alla reimmissione nelle acque delle trote, dei lavarelli e delle altre specie inserite ora dal ministero fra quelle considerate «alloctone».
Un brutto colpo per i pescatori, e per i produttori. Un colpo inaspettato, visto che questi pesci sono presenti da oltre un secolo nelle acque dolci (e nelle tavole) della Lombardia, oltre che in un settore non trascurabile della sua produzione. Un colpo cui il mondo della pesca intende reagire, sostenuto dalla Regione, che ha appena inviato al governo la richiesta di una deroga.
L'antefatto è quanto deciso dal ministero della Transizione ecologica. La normativa recente ha stabilito il divieto di immissione in natura di specie e di popolazioni non autoctone, prevedendo - appunto - la possibilità che su istanza delle Regioni tale immissione possa essere autorizzata per motivate ragioni di rilevante interesse pubblico, ambientali, economiche, sociali e culturali, a condizione che non sia arrecato alcun pregiudizio agli habitat naturali.
«Lo stop alla reimmissione di specie ittiche considerate alloctone - avverte l'assessore regionale ad Agricoltura Fabio Rolfi - è un danno enorme per l'economia lombarda e nazionale. Turismo, ristorazione, commercio. Considerare alloctoni il lavarello e la trota, che sono presenti nelle acque lombarde da più di un secolo, significa avere una visione ideologica controproducente e anacronistica».
In Lombardia operano 150 imprese della pesca professionale, in gran parte sul Lago di Como, e praticano la pesca sportiva più di 70mila persone. «Migliaia di persone che per passione vivono i territori, acquistano attrezzature, vanno nei ristoranti, dormono negli alberghi e che generano un indotto da 14 milioni di euro». Le vendite del coregone valgono 4 milioni di euro all'anno in Lombardia e l'intera filiera legata al prelievo, compresa la ristorazione, genera un valore di oltre 10 milioni di euro. Il solo incubatoio di Valmorea produce 300mila avannotti all'anno. «Chi ristora le imprese? - chiede Rolfi - Parliamo di un pesce che è presente in Lombardia dal 1861, anno dell'unità d'Italia. E il ministero lo considera dannoso? Una visione che è fuori dalla realtà».
La Regione si è mossa immediatamente. Il decreto dà, come detto, la possibilità di chiedere delle deroghe. «Abbiamo elaborato studi scientifici e documenti tecnici e abbiamo chiesto subito la deroga per trota e lavarello. Ci sono state chieste integrazioni che abbiamo subito mandato. I tempi però si dilatano - avverte Rolfi - mettendo a rischio la produzione di quest'anno. La sensazione è che i funzionari del ministero non abbiano la percezione della portata della loro decisione.
Il 13 novembre ospiteremo in Regione un incontro con tutte le associazioni dei pescatori e le categorie che subirebbero i riflessi negativi. Vogliamo arrivare a un documento unitario firmato da tutti per fare cambiare idea al ministro».
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