Il tubo, il Dna, il movente I punti chiave dell'inchiesta

I fatti accertati e i dubbi degli inquirenti che indagano su Giuseppe Pellicanò per l'ipotesi di strage dolosa

Cristina Bassi

La mattina del disastro in via Brioschi la gente sfollata in pigiama si faceva coraggio. Gli abitanti del quartiere offrivano una maglietta o un caffè. Man mano che le voci sulle vittime si diffondevano, il pensiero di tutti è andato a quei due ragazzi venuti da fuori, a quella mamma, a quelle bambine ustionate, a quel papà ferito che avrebbe dovute accudirle da solo. Nessuno immaginava - e oggi molti restano increduli - che Giuseppe Pellicanò sarebbe stato accusato dalla strage.

I PRIMI RISCONTRI

È questa la direzione presa dalle indagini coordinate dal pm Elio Ramondini e dall'aggiunto Nunzia Gatto. La Procura ha indagato il marito di Micaela Masella con l'ipotesi che abbia causato volontariamente la fuga di gas alla base dell'esplosione, svitando nella notte un tubo della cucina. Prima di arrivare a questo punto, gli inquirenti avevano preso in considerazione e scartato uno a uno tutti gli scenari possibili. «Finanche l'atto terroristico», hanno spiegato con un paradosso.

I PUNTI ACCERTATI

Gradualmente è stato stabilito che sia l'esplosione sia la fuga di metano sono partite dall'appartamento dei Pellicanò. Nelle rime ore invece si credeva che la fuoriuscita avesse avuto origine da quello di Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi. Al momento dell'esplosione, alle 8.58 del 12 giugno, la casa della famiglia era satura di 47 metri cubi di gas. Una quantità micidiale accumulata in circa otto ore: ne basterebbero 1,5 l'ora per provocare uno scoppio. Il tubo del metano collegato al piano cottura è stato trovato svitato dal lato verso il muro. Il dado che lo fissava potrebbe dare molte risposte. Il rubinetto invece è stato trovato chiuso. L'ipotesi di chi indaga è che Micaela appena sveglia abbia sentito un forte odore di gas e abbia chiuso subito la valvola. Avrebbe quindi intuito il pericolo e provato a evitare il peggio. Non facendo però in tempo ad aprire la finestra prime di essere travolta e uccisa dalla deflagrazione.

I DUBBI

Le prossime indagini della Scientifica dovranno accertare se ci siano tracce biologiche o impronte digitali sul tubo manomesso e sugli attrezzi che potrebbero essere stati usati per il sabotaggio. La speranza è che la scena non sia stata irrimediabilmente inquinata non solo dalle macerie ma anche dalle operazioni di soccorso e dal via vai di operatori. Sono stati nominati anche il perito della Procura e i consulenti delle parti lese e dell'indagato. Gli esperti hanno sessanta giorni per depositare le proprie relazioni a partire da venerdì. Le operazioni sono urgenti, perché il tetto della palazzina è a rischio crollo. Anche per questo è probabile che i primi risultati delle perizie arrivino prima di settembre. Alcune notti prima della tragedia il contatore dei Pellicanò aveva rilevato un altro picco anomalo nel consumo del gas. Un tentato suicidio dell'uomo, che era solo in casa? O una sorta di «prova generale» per il gesto estremo che doveva coinvolgere anche sua moglie e le sue due bambine?

Il PRESUNTO MOVENTE

Il pubblicitario 50enne soffriva di depressione ed era seguito da uno specialista.

Da circa due anni era praticamente separato dalla moglie, i due andavano da un consulente familiare per provare a rendere meno traumatica la situazione, soprattutto per le figlie. Giuseppe però sapeva che Micaela aveva un nuovo compagno e che intendeva andare a vivere con lui. Forse però non conosceva i dettagli più dolorosi, che avrebbe scoperto spiando le mail della donna.

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