Cristina Bassi
Di nuovo ergastolo. La Seconda sezione della Corte d'assise d'appello ha confermato la pena massima per Carmine Buono, l'idraulico 58enne di San Giuliano Milanese accusato dell'omicidio dell'ex compagna Antonia Bianco, 43 anni. Ieri in aula il processo d'appello «bis» dopo che la Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza del primo appello e l'uomo era tornato libero per scadenza dei termini di custodia cautelare.
La donna italo argentina madre di tre figli morì il 13 febbraio 2012 dopo una lite sotto casa dell'ex e padre del suo bambino più piccolo. All'inizio si pensò a un malore, solo l'autopsia scoprì che la causa era stata una stilettata che le aveva trafitto il cuore. Confermati anche i risarcimenti alle parti civili: la madre, le sorelle e i figli di Antonia. «Siamo felici di questa sentenza», dice la sorella Maria Asunciòn Bianco. «Siamo soddisfatti - aggiunge uno dei legali di parte civile, De Paola - sono stati confermati i verdetti di primo e secondo grado». I difensori invece annunciano un nuovo ricorso in Cassazione.
Il rinvio della Suprema corte chiedeva in sostanza ai giudici di secondo grado di rivalutare la qualificazione giuridica del femminicidio: omicidio volontario oppure preterintenzionale. Vale a dire accertare se Buono avesse la volontà di uccidere o al contrario volesse «solamente» far male alla donna, anche per difendersi dall'aggressione che ha detto di aver subito. La difesa aveva tra l'altro invocato l'attenuante della provocazione. «Qui si è parlato di astrazioni giuridiche - ha detto il pg Celestina Gravina, chiedendo la conferma dell'ergastolo -, ma si è perso di vista il senso della vicenda. C'è stato l'annientamento voluto di una persona, lungamente preparato dal delitto di persecuzione che andava avanti da un anno (Buono è stato condannato anche per stalking, ndr) e che rappresenta anch'esso una strategia di annichilimento. L'imputato si è sempre difeso aggredendo e al processo ha offeso la memoria della vittima. La riqualificazione del reato? Come si fa a dire che chi ti trafigge il costato con un'arma, trapassandoti il cuore, vuole solo procurarti una lesione?». I difensori avevano chiesto una «sentenza più giusta e di buon senso». Secondo i legali, Buono non intendeva uccidere e la fine tragica è stata una «fatalità» dopo una colluttazione concitata.
«Uno stiletto di circa sei centimetri non è un'arma micidiale - hanno sostenuto - e un colpo sferrato poco più in là non avrebbe causato la morte». L'avvocato Mirko Mazzali aveva aggiunto: «Buono si trovava a terra con la vittima sopra di lui e le sue mani strette al collo. Siamo vicinissimi alla legittima difesa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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