«Aspettiamo di vedere gli ambiti di applicazione e il collegamento con il registro delle famiglie anagrafiche per procedere con l'impugnazione della delibera che istituisce il registro delle unioni civili». Il Pdl sull'Aventino - 7 su 9 consiglieri contrari (unica eccezione Tatarella e Pagliuca) aspetta di vedere il regolamento in azione per passare al contrattacco, anche perché - continua a ribadire - c'è più di un elemento di illegittimità. A partire dalla sentenza 138 del 2010 della Corte costituzionale, richiamata più volte nel testo della delibera del regolamento comunale, nonostante abbia bocciato il ricorso per il riconoscimento del diritto al matrimonio omosessuale portato avanti dall'Associazione radicale Certi Diritti difesa da Maria Elisa D'Amico, professore ordinario di Diritto costituzionale e prima firmataria della delibera. Nella sentenza, infatti, non solo si dice che «la Costituzione all'articolo 29 intende la nozione di matrimonio come il codice civile che stabilisce che i coniugi debbano essere di sesso diverso. Il codice civile - dice ancora la sentenza - contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna (...). La normativa non dà luogo a una irragionevole discriminazione in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio». «Appunto - commenta Matteo Forte, consigliere comunale del Pdl -. Impossibile equiparare i due istituti perché, come dice la Corte costituzionale, di tratta di realtà non omogenee. Non solo, l'atto non ha nessun valore in quanto non riconosce diritti e doveri, che spettano unicamente al legislatore, come dice ancora la Corte costituzionale». «Ancora una volta con il rinvio alle leggi nazionali, si ha la conferma - scrive la corte - che la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento», come ha ammesso lo stesso sindaco.
Così l'aggancio al registro delle famiglie anagrafiche per il registro delle unioni civili viene contestato dal PdL: la sentenza del Tar del Veneto del 2007 stabilisce che «non si può usare la famiglia anagrafica per equiparare le convivenze all'istituto del matrimonio» ricorda Matteo Forte, che con il vicepresidente del Consiglio comunale Riccardo De Corato (nel tondo) sta valutando appunto gli estremi per impugnare la delibera. «Il tentativo di arrivare ai matrimoni gay uscito dalle aule dei tribunali, rientra così dalla finestra», ogni riferimento all'Associazione radicale Certi diritti difesa dalla vicepresidente della commissione comunale Pari opportunità Maria Elisa D'Amico, e alle associazioni omosessuali è puramente voluto. «Le associazioni omosessuali che non sono riuscite a centrale il loro obiettivo, visto che la sentenza 138 ha sbarrato loro la strada, passano alla seconda fase dell'azione di lobbing con una mossa politica strumentale» commenta Forte -: questa delibera non aggiunge niente che non ci sia già». «La D'Amico avrebbe fatto meglio a fare tesoro dell'esperienza con la Corte costituzionale - attacca De Corato - e a copiare il modello Torino tout court. Il compromesso forzato con i cattolici ha partorito una delibera che è un pasticcio, a nostro avviso illegittima.
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