Unioni civili a quota 221 Alle «nozze» gay pure i figli

Unioni civili a quota 221 Alle «nozze» gay pure i figli

L'appuntamento è alle 14.30, stanza numero 231 del Comune in via Larga. C'è Giuliana con la sua compagna Maria Elena e i loro tre figli. Ci sono Annie e Micaela e le loro due figlie. Ci sono sette coppie che di fatto lo sono già almeno da oltre dieci anni, ma che oggi qui, in questo ufficio al secondo piano del Comune si vedono riconosciuto quel «diritto» che nel 2005 le aveva fatto unire in associazione. Per questo a un mese circa dall'avvio del Registro delle unioni civili, dopo 221 coppie, ieri alcune delle socie delle «Famiglie arcobaleno» hanno voluto mettere nero su bianco la loro unione. Tutte insieme, per dare un valore simbolico a quello che stavano facendo.
E infatti ha fatto capolino anche l'assessore Daniela Benelli: «Sono molto contenta - ha detto - perché questo evidenzia il messaggio che questo registro voleva avere». Così marca da bollo in una mano, i bambini nell'altra hanno invaso la saletta distribuendosi l'una con l'altra le margherite gialle che qualcuna aveva pensato ad acquistare. L. ha 36 anni e fa la barista. Vive con la sua compagna da sei anni. In braccio tiene la loro bambina, una ricciolina di tre anni concepita a Copenaghen. «Per noi questo è già tanto - dice dopo avere fatto le foto con la mamma della sua compagna e gli altri parenti arrivati per l'occasione - In questo modo pensiamo di avere più tutela soprattutto per la bambina e anche se ti trovi a dover andare in ospedale». «Per noi non è un capriccio, è un primo passo per i nostri diritti», dice Giuliana B. che fa la psicologa e 4 anni fa si è sposata negli Stati Uniti con Maria Elena, vigile urbano milanese. Ai loro tre figli hanno spiegato subito, tutto, da sempre.
«Questo pezzo di carta ha valore soprattutto per loro, è una cosa che si può dire ed è normale.

È umiliante per una madre biologica da esempio dover presentare la delega per prendere i bambini». Per finire le foto: di coppia, di gruppo, con i figli e i parenti. «Speriamo di smuovere qualcosa, vogliamo solo essere equiparate alle altre famiglie», commenta una delle mamme con gli occhi ancora luci d'emozione.

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