Cronaca locale

Vendesi un pezzo del gioiello A2a

L'accordo tra i sindaci di Milano e Brescia è stato siglato ieri mattina (a Borse chiuse) a Palazzo Marino. Via libera alla cessione di un pacchetto intorno al 5% di A2a, la multiutility dell'energia che da inizio anno ha pressoché raddoppiato il proprio valore economico. Fermo restando che Giuliano Pisapia e Emilio Del Bono garantiscono che il controllo della società resterà in mano pubblica, le due amministrazioni che attualmente possiedono il 27,5% a testa delle azioni, e dunque il 55% del pacchetto, daranno il via ad un'operazione «per liberare la quota eccedente il 50,2%». Sull'incasso atteso non si sbilanciano, anche se guardando ai valori di mercato si può tranquillamente ipotizzare un incasso non inferiore ai 140 milioni di euro, una settantina ciascuno per i due enti. Fondi che, se non cambierà la legge nazionale sulle privatizzazioni, non potranno concorrere alla spesa corrente, la parte su cui Palazzo Marino è più sofferente, ma copriranno vecchi debiti sul conto capitale nuovi investimenti. Sarebbe ossigeno (anche) per grandi opere per Expo. Sarà l'advisor che sarà scelto all'inizio del prossimo anno, spiegano i sindaci, a stabilire la strada più conveniente per massimizzare le entrate, Borsa o asta pubblica. Nel secondo caso, è noto l'interesse di F2i al mercato dell'energia e non mancherebbe la concorrenza. Non è deciso inoltre se la vendita riguarderà subito il 4-5% o se gli enti agiranno in due tempi.
Si vedrà. La dismissione delle quote sarà votata dai rispettivi consigli comunali entro fine anno, parallelamente all'esame del nuovi patti parasociali. Quelli in vigore scadono il 31 dicembre, le giunte e poi le aule di Milano e Brescia devono votare il nuovo Patto che sarà poi approvato in primavera nell'assemblea dei soci.
Ed è il secondo pezzo dell'accordo firmato ieri tra i sindaci. Addio al sistema duale, si torna ad un cda tradizionale: la società nata il primo gennaio 2008 dalla fusione tra Aem di Milano e Asm di Brescia lascerà la governance duale («un sistema che non ha funzionato, farraginoso e non sempre trasparente» hanno detto i sindaci) per tornare ad un consiglio di amministrazione unico («più efficiente e sobrio»). Oggi A2a è governata da un Consiglio di sorveglianza, guidato da Pippo Ranci, e un Consiglio di gestione presieduto da Graziano Tarantini e da due direttori generali, Renato Ravanelli espressione di Milano e Paolo Rossetti indicato da Brescia. Un eccesso di poltrone e uno spreco di soldi e «le decisioni di fatto - rimarca Del Bono - vengono prese dai direttori generali, lontani dagli azionisti». Non si sbilanciano sui futuri membri («dobbiamo consultare anche i soci di minoranza», il Comune di Varese possiede lo 0,7%, Bergamo l'1,7%) né sull'entità del risparmio atteso («qualche centinaia di migliaia di euro all'anno»). Ma si parla di un cda da 14 membri, Milano e Brescia con lo stesso numero di consiglieri e il presidente indicato a turno per 3 anni. Ci sarà un amministratore delegato condiviso. Il presidente dell'aula Basilio Rizzo (Sinistra x Pisapia) non ha «nulla contro la cessione di un 2%, anche se Milano non è nella necessità di doverlo fare».

É «preoccupato però che un domani, in caso di aumento di capitale, i Comuni non possano sottoscriverlo e scendano sotto il 50,1%».

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