Tra dolore e orgoglio, Milano celebra il «suo oncologo» Umberto Veronesi come se avesse perso un padre. «Non ci aspettavamo così tanti messaggi» ammettono la figlia Giulia, oncologa all'Humanitas, e il figlio Paolo che ieri, nonostante la notte in bianco e le lacrime, si è presentato puntuale in sala operatoria e, anche lui senologo, non ha disdetto nemmeno un intervento: «Papà avrebbe voluto così». Il figlio Alberto, direttore d'orchestra, sintetizza in una parola l'eredità che intende raccogliere: «La sua umanità». Ed è questa la parola più frequente utilizzata nelle centinaia di ricordi che si sono rincorse nelle ore immeditamante successive alla sua scomparsa. «Continueremo le sue battaglie» dicono i figli, fieri di essere stati cresciuti dall'uomo che ha rivoluzionato la lotta contro il tumore al seno.
E pensare che, all'inizio degli anni Novanta, via Ripamonti era semplicemente un prato ingiallito ai confini della città. Lì Veronesi ha fondato la sua creatura, l'istituto europeo di oncologia, e ha decretato uno spartiacque. Fra le operazioni al seno che «più si asporta e meglio è» e gli interventi mini invasivi, tra la generazione di donne che si sentiva spacciata di fronte alla diagnosi di cancro e quella che ha cominciato a sperare. Grazie a lui.
Ora la politica gli vuole perfino dedicare la Città della salute che, contrariamente ai suoi desideri, verrà realizzata a Sesto San Giovanni e non a Milano, come invece avrebbe voluto. Tuttavia non si può fare a meno di evocare il suo nome se si pensa alla creazione di un polo specializzato in oncologia (che riunirà l'istituto dei Tumori, dove Veronesi iniziò la sua carriera, e il neurologico Besta). «Un uomo illuminato e lungimirante. La città della Salute dovrà necessariamente portare il suo nome e ricordare il suo lavoro» suggerisce il vice presidente del Consiglio regionale Fabrizio Cecchetti. Altri propongono di intitolargli una via o una piazza, comunque una fetta della sua città. E stavolta non dovrebbero esserci problemi per trovare un accordo, vista l'unanimità dei consensi riscossi dal medico.
Il presidente della Regione Roberto Maroni definisce Veronesi «un visionario» e, tra i ricordi più recenti, ha quelli legati alla sua attività di coordinatore del gruppo dei «saggi» che hanno ispirato la riforma lombarda della sanità. Il sindaco Giuseppe Sala, che di Veronesi è stato anche paziente, ha sperimentato in prima persona l'enorme professionalità di Veronesi e si è rifugiato nella sua capacità di ascoltare e capire. «Un vero laico - commenta ora - capace di costruire istituzioni che hanno alleviato il percorso della malattia di migliaia di persone. A tutti continuare la sua strada nel dialogo e nel rispetto delle idee di tutti». Oggi Palazzo Marino allestirà una camera ardente in suo onore (aperta fino alle 22,30) e domani alle 11 si celebreranno i funerali, con celebrazione laica.
Veronesi amò profondamente la sua città. Anche se, rifiutò per due volte di candidarsi sindaco: la prima nel 2001 contro Albertini, la seconda nel 2006 contro la Moratti. «La sua motivazione fu netta - testimonia il socialista Roberto Biscardini, che propose il suo nome - Disse che era un incarico troppo politico e troppo impegnativo. Lui voleva ancora lavorare da medico e per il suo ospedale».
Fra le migliaia di «grazie» che piovono sui social network, c'è anche quello della paziente numero zero che fu ricevuta dal
«professore» quando lo Ieo era fatto di tre stanze e c'erano ancora i muratori all'opera. «Mi ha dato tutto quello che era stato il risultato del suo grande lavoro di ricerca in chirurgia. Gli sarò per sempre grata».MaS
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