Cronaca locale

"Vi serviamo in scena il cotto e il crudo della nostra cara Puglia"

L'attore al Manzoni con Antonio Stornaiolo «Oggi siamo di moda, chi l'avrebbe detto?...»

"Vi serviamo in scena il cotto e il crudo della nostra cara Puglia"

Tutti sappiamo - assioma indiscutibile coniato sul Tavoliere - che se Parigi avesse il mare sarebbe una piccola Bari. Ma se il mondo intero fosse la Puglia? «Bé, non sarebbe male risponde Emilio Solfrizzi significherebbe che il sole splenderebbe ovunque. Il sole ti invita a uscire, a conoscere gente, a essere più tollerante». La butta in filosofia armandosi dell'ironia che mai lo abbandona, l'attore barese celebre per una carriera spesa tra cinema, fiction e teatro. Da domani a domenica, al Teatro Manzoni, Solfrizzi è protagonista con Antonio Stornaiolo de Il Cotto e il Crudo, viaggio tra ricordi di una Puglia che era e di una Puglia che è.

Ma la Puglia è anche una categoria dello spirito, vero?

«Certo che sì. É un luogo dell'anima dove ritrovarsi. Io lasciai quella terra tanti anni fa per costruirmi un futuro, volevo diventare Al Pacino o Robert De Niro, poi sono rimasto Solfrizzi ma non mi lamento. Antonio la pensava diversamente: per lui si doveva restare. Da questo punto parte lo spettacolo».

Chi sono il Cotto e il Crudo?

«Sia io sia Antonio, a seconda delle situazioni raccontate. Non facciamo oleografia della Puglia ma parliamo di una terra che oggi va di gran moda, eppure ieri aveva i suoi problemi. Ora gli stessi pugliesi la guardano con occhi diversi, e tutto grazie a internet e alla globalizzazione, che ha trasformato questa terra in una delle mete più ambite del turismo. L'idea del titolo è venuta a Stornaiolo, che è l'intellettuale della coppia: è una citazione de Il crudo e il cotto, un saggio di Claude Levi Strauss».

La ricetta dello show è quella di Toti e Tata?

«In parte sì, ma i tempi sono cambiati. Allora eravamo protagonisti di numerose gag sulla regionale Tele Norba. Qualcuna la si può trovare su YouTube. In fin dei conti io e Antonio non ci siamo mai lasciati, difatti abbiamo un altro spettacolo in ballo, Tutto il mondo è un palcoscenico, la prossima stagione saremo a Roma e poi la stagione successiva a Milano».

Parlerete anche del rapporto con nord e con Milano?

«Solo come conseguenza della nostra visione pugliese. Ma per me Milano è speciale: il Teatro Manzoni da due anni mi affida il via della stagione, è un segno di grande fiducia e io ringrazio».

Dunque, si armi di coraggio e scelga: patate, riso e cozze o risotto giallo?

«Devo proprio dirlo? No, non lo dico. Posso dire che il primo mi fa impazzire e che il secondo è ottimo».

Dietro l'angolo, che cosa prevede la sua agenda?

«Un terzo spettacolo, un monologo dal titolo Roger incentrato sul tennis. Usando una terminologia tennistica parlo di Uomo e Dio, due entità che stanno da parte opposte del campo di gioco. Inutile dire che Roger è Federer.

Mentre all'Ambra Jovinelli di Roma quest'anno torno insieme a Paola Minaccioni con A testa in giù, in cartellone al Manzoni la scorsa stagione».

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