Viaggio nelle tentazioni di un grande missionario

Padre Gianola e le donne: un'esistenza per gli altri che ha conosciuto anche sussulti e lotte per la fedeltà

Sabrina Cottone«Sento che l'affare sentimentale è ormai risolto. Resta il problema di vedere come riempire il mio cuore. Mio Dio perché non vieni tu?». Augusto Gianola è bello, una fisicità potente, che le donne si girano a guardare come se una calamita muovesse loro il collo. È uomo. Lo vedi nel documentario di Enzo Biagi, volato in Amazzonia nel 1989 per conoscerlo e raccontarlo, perché Augusto era un uomo e un sacerdote molto speciale. Un missionario instancabile del Pime, il Pontificio istituto per le missioni estere.Passato sulla terra facendo bene molte cose. Ha lasciato l'asilo don Arcangelo Cerqua per i bimbi caboclos, i meticci che non sono indios e neppure bianchi. A loro dedica la vita, piccoli e grandi, con la scuola agricola, le lezioni di allevamento e coltivazione, le colonie e poi la costruzione di strade, pozzi, chiese. Tra Urucarà e Parintins le tracce sono solide. Opere e silenzio.Si rifugia spesso in solitudine e negli ultimi tre anni vive quasi sempre in un eremo a forma di capanna in mezzo alla foresta amazzonica. Nasce a Laorca di Lecco il 5 novembre 1930 e a Laorca di Lecco torna nel 1990 per morire, in casa del fratello, dopo tre operazioni alle testa per cancro al cervello. Aveva da poco vinto la lebbra. Storia triste? No, piena. E anche se la sua vicenda è nota, le traversìe sentimentali, la scelta di non tradire, la difesa del celibato forse lo sono meno. Appassionano perché ricordano le ordinarie tentazioni di un marito qualunque alle prese con la bellezza della collega di lavoro. Anche se lui non lo è, un marito come ce ne sono tanti, nei momenti difficili della sua vita, densa come le acque del Rio delle Amazzoni, chiedeva aiuto senza mai perdere la speranza.Lo riguardi nelle foto e nei filmati che scorrono, immagini il cuore forte che vuol battere con la stessa intensità per Dio e per gli uomini. Ogni tanto un'extrasistole, un'aritmia che nella vita di sacerdote arriva come un'invasione che ferisce. «È possibile che in un periodo in cui la meditazione è veramente profonda, la confessione sincera, in cui tutta l'anima è tesa in un colloquio altissimo con Dio, una ragazza riesca a trovar posto quasi di soppiatto nel mio cuore?». È possibile, è vero, lui lo annota nel diario con feroce sincerità il 10 febbraio del 1964, quando a trentaquattro anni è arrivato da poco in missione. E il giorno dopo: «La storia della ragazza continua, ci soffro se non mi guarda. Ne cerco la compagnia, faccio dei passi e delle mosse per lei. Sta diventando una molla che muove il mio essere. Mio Dio!». Poi: «Soffro e sono stupido, stupido, stupido».Tentazione sentimentale, la si definisce raccontando l'impatto violento che su di lui ha Paola (il nome è di fantasia). Sembrerebbe crudeltà questo resistere, se non fosse perché c'è altro. Altro. Come osserva padre Gheddo: «La scelta della verginità non rende aridi, ma suscita un'umanità più ardente e quindi sottoposta a tutte le tentazioni: amare è sempre preferire». In fondo è vero per ogni scelta di umanissima fedeltà, amare è sempre preferire. Padre Gianola ha una preferenza: «Ho confessato il mio peccato... sento forze grandi in me che mi portano quasi senza che io lo voglia fuori pericolo. È Dio che lotta per me, quando per conto mio preferirei cedere le armi». Non è facile venirne fuori: «Sono sempre giorni di battaglia, ma Dio è ancora con me, lo sento». Una frase di san Giovanni della Croce che vale uomini, donne, sacerdoti, suore, fidanzati, sposati, vale la forza vittoriosa di questa lotta: «È felice colui che sa sopportare se stesso e gli altri».Una vita da sacerdote: entra in seminario nel 1947 e muore quarantatré anni dopo prete e missionario. Nel libro che lo racconta, La più bella delle avventure (a cura di Gerolamo Fazzini e Mariangela Tentori, Teka Edizioni, Lecco, 2015) c'è molto spazio anche per il resto, che poi è quasi tutto: i bambini, gli adulti, i campi, la foresta, la missione. E però è bello guardare anche quest'umanità, che rimane virile anche da sacerdote. Le donne le vede e in alcuni momenti della vita le subisce come tempeste tropicali. Accade subito e più tardi, negli anni della maturità, quando arriva nel suo eremo un'insegnante che si innamora di lui. E lui? «Si è fatta più attraente, capelli più lunghi, biondi, un po' più rotondetta. Ne ho sentito subito il messaggio e una rivoluzione è scoppiata dentro di me - scrive nel suo diario, marzo 1987 -. Sembra un film. Adesso, Signore, siamo qua soli: io son quel che sono, lei con un carica fortissima di amore, io di sesso. Proprio i due ingredienti più esplosivi per far accadere tutto». Un'autenticità implacabile. A salvarlo arriva Marcellino, un indio, e Augusto scrive: «Grazie, Signore, grazie. La lotta continua, ma il mio primo round mi vede ancora in piedi, l'hai vinto tu». Lei chiederà la mano di padre Gianola. Scrive una proposta di matrimonio che è quasi un libro, venticinque pagine, minaccia il suicidio. Lui non si smuove: «Addio, non comparirmi più davanti, anche se pregherò per te».Resta fermo anche nel 1989, un anno prima di morire, quando ha quasi sessant'anni eppure mantiene fascino e mascolinità e una ragazza diventata donna gli appare al fianco. «Abbiamo avuto un incontro molto affettuoso al Mocambo, ma anche franco: io ti amo nel tuo destino di sposa, madre e donna» dice lui.Difficile non tradire, nel celibato come nel matrimonio, viene da dire leggendo queste pagine di un diario che non risparmia sussulti, ondeggiamenti, derive.

«Il problema del sesso è un problema difficile» confesserà a Biagi sul grande fiume, ma «quando uno alza il suo sguardo verso l'orizzonte eterno, celeste, allora scompare molto la tensione sessuale verso la donna». E se molto non vuol dire tutto, il resto lo fa la lotta raccontata nel diario. Eroica, soprannaturale, anticonformista. Una vera avventura.

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