Ci sono fotografie che anche in questi tempi crudi non possono essere pubblicate. Le immagini di Pietro Barbini, vittima dell'agguato all'acido muriatico del 28 dicembre, appartengono a questa categoria. Raccontano aldilà di ogni immaginazione le conseguenze devastanti di un gesto che, per quanto se ne scavino in questi giorni i motivi, non ha nessuna spiegazione se non la spirale di gioco e di gelosia, di perversione e follia che ha inghiottito i tre protagonisti, la vittima quanto i carnefici. Questa mattina, quando Alex Boettcher e Martina Levato ricompariranno in aula davanti al giudice, sul processo incomberanno le immagini della vittima. E condizioneranno le sorti degli imputati.
Sono una ventina di foto, scattate dai tecnici della polizia scientifica. Hanno la violenza che solo le foto dei cadaveri possiedono. Ma stavolta non ritraggono un morto. Bertini è in piedi, in ospedale, davanti all'obiettivo. Ha il fisico giovane e atletico. Le gambe sono ustionate in più punti, e altrettanto le braccia con cui ha cercato di proteggersi il volto, quando i due incappucciati gli sono venuti incontro. Ma il volto non esiste quasi più. Difficile immaginare una pena adeguata per chi ha fatto questo a un ragazzo di ventidue anni.
Invece una pena andrà trovata. Non oggi, quando il processo si aprirà probabilmente solo per venire rinviato: perché cambierà l'imputazione, da «lesioni gravi» a lesioni «gravissime», e quindi il processo si dovrà celebrare davanti a un tribunale di tre giudici. E un rinvio servirà anche per dare tempo alla perizia psichiatrica sui due imputati. Lei, Martina, la bocconiana esile e senza fascino apparente che del triangolo è stata il perno, e che oggi si prende tutta la colpa dell'agguato a Pietro; ma anche lui, Alex, il bel ragazzone tedesco che aveva inghiottito Martina in un rapporto fosco e tortuoso. Anche di lui, in un interrogatorio reso al difensore di fiducia e inviato in Procura, la madre delinea un quadro mentale quasi fragile, lontano dall'immagine di maschio dominatore che emerge dagli atti.
Lavoro per gli psichiatri, dunque. E il processo potrebbe a quel punto considerarsi quasi finito: rea confessa lei, catturato in flagrante lui, si tratterebbe solo di calcolare la pena. Perché lo abbiano fatto, alla giustizia potrebbe non importare: «In fondo a noi il movente interessa poco», diceva un vecchio magistrato. Invece su cosa sia davvero accaduto le indagini continuano a scavare, inevitabilmente. Pagine e pagine di messaggi scambiati nel corso dei mesi dai protagonisti del triangolo raccontano una storia di sesso tra il virtuale e il reale che progressivamente sfugge di mano ai protagonisti: e la colpa di Pietro, pagata in modo atroce, appare quella di non essersi fermato in tempo, di non avere capito quanto il gioco si stesse facendo pericoloso. Pietro entra in scena quando è ancora in America, riprendendo i contatti con Martina, la sua ex compagna di liceo sui banchi del Parini. Lei gli racconta di Boettcher, il suo nuovo compagno.
E tra i maschi che non si conoscono nasce una rivalità a distanza, l'eterno conflitto, «io ce l'ho più grosso di te». Roba vecchia quanto l'uomo. Quando Pietro capisce che stavolta il gioco è impazzito, l'acido gli sta già bruciando la faccia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.