Luca Fazzo
Non cadde ingiustamente, la giunta di Roberto Formigoni che governava la Lombardia nel 2012. Ieri, a conclusione di un processo che sembrava non dovesse finire mai, il tribunale di Milano ritiene provato che davvero i tentacoli del crimine organizzato erano arrivati fin nel cuore del Pirellone, e che un uomo-chiave della Giunta era sceso a patti con i clan: Domenico Zambetti, allora assessore alla casa, che si vede condannato a tredici anni e mezzo di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Per garantirsi la rielezione, avrebbe comprato pacchetti di voti controllati dalla 'ndrangheta attraverso Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista Luigi Crespi, che si vede rifilare dodici anni.
È una condanna-batosta, e non solo per l'entità della pena (in Sicilia a Totò Cuffaro, per dare un'idea, vennero inflitti sette anni) ma perché i giudici smentiscono anche le tesi della Procura della Repubblica, che - nella requisitoria del pm Giuseppe D'Amico - aveva chiesto che il reato di associazione mafiosa svanisse dal processo, e che Zambetti venisse condannato solo per voto di scambio, pena proposta dieci anni. Invece il tribunale presieduto da Maria Luisa Balzarotti ritiene che Zambetti scese scientemente a patti con il crimine organizzato. Decisive le intercettazioni in cui Eugenio Costantino, calabrese, commerciante di oro usato, si vantava dei suoi legami con il politico: vanterie che invano Costantino in aula ha cercato di ridurre a balle, «ho iniziato a sedici anni a millantare su tutta la mia vita», «negli ultimi tempi millantavo di essere 'ndranghetista». Niente da fare, per i giudici Costantino è un criminale vero (e infatti si prende la condanna più alta, sedici anni) e veri sono i suoi rapporti con Zambetti: consacrati dal versamento di quarantamila euro al presunto boss Pino D'Agostino, compare di Costantino.
Inutilmente gli avvocati difensori di Zambetti e soprattutto di Crespi hanno cercato di dimostrare, sulla base di autorevoli analisi dei flussi elettorali, che le migliaia di voti che la 'ndrangheta doveva portare al candidato esistevano solo nelle millanterie di Costantino, e che nelle elezioni sotto accusa - le regionali del 2010, che lo vedono in lista per il Pdl - Zambetti migliora la sua performance ovunque, anche in zone a bassa penetrazione calabrese. Per il tribunale l'accordo ci fu, e il politico si asservì agli interessi del clan.
In una sentenza complessivamente severa, spiccano le uniche assoluzioni: Alfredo Celeste, all'epoca dei fatti sindaco di Sedriano, accusato di avere promesso appalti a Costantino, viene assolto «perché il fatto non
sussiste», e insieme a lui il medico Marco Scalambra. Vengono invece trasmesse alla Procura, perché indaghi per falsa testimonianza, le dichiarazioni rese in aula dall'assessore regionale all'economia Massimo Garavaglia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.