Quel voto al contrario dei poveri e dei ricchi

Il confine è Cascina Gobba, landa ibrida tra la Tangenziale, il metrò, le chiuse tumultuose dove il Lambro si butta nella Martesana: ed è il confine tra due mondi adiacenti e lontani, di qua è Cologno Monzese, di là è Segrate. La storia e l'urbanistica hanno tracciato il confine, e per dirla in soldoni: qua ci sta la povera gente, e di là quelli con i danè . A Cologno gli immigrati arrivati ad ondate, prima quelli del Polesine alluvionati nel '54, poi le legioni dei Mimì Metallurgico; di là già c'erano Redecesio, il Villaggio Ambrosiano, Lavanderie, quartierini residenziali, e poi a sancire definitivamente il trionfo borghese arrivò la Milano 2 berlusconiana, cambiando definitivamente la composizione sociale, e facendo per sempre di Segrate uno dei municipi più ricchi d'Italia.

Insomma: se in politica le cose fossero continuate ad andare come una volta, il destino sarebbe rimasto segnato per le prossime mille elezioni. A Cologno la sinistra avrebbe regnato nei secoli - una sinistra magari ruspante, sanguigna, erede di quella indimenticabile degli Avveduto e dei Giallombardo, ma profondamente radicata nell'humus sociale; e di là, oltre la Gobba, i sciuri di Milano 2 avrebbero continuato a specchiarsi nella destra come i cigni nel laghetto davanti alle redazioni di Mediaset. Ma così non è più, e il doppio ribaltone che si consuma domenica sera tra i due comuni è lo specchio di quanto valori di riferimento e composizione sociale della tradizione ormai siano scomposti in una matassa inestricabile di interessi di classe e afflati culturali.

Così a Cologno Monzese diventa sindaco Angelo Rocchi, candidato della Lega Nord e del centrodestra nonostante non avesse mai vissuto a Cologno, e guardato storto dalla sinistra umanitaria per la sua vicinanza a Toni Iwobi, responsabile sicurezza della Lega Nord, accusato di razzismo nonostante la pelle scurissima; e invece a Segrate avviene il capitombolo opposto, la bionda Tecla Fraschini che doveva vincere in scioltezza e raccogliere il testimone del sindaco Adriano Alessandrini va a schiantarsi contro il piddino Paolo Micheli, partito per quella che sembrava una battaglia impossibile, e incoronato a sopresa primo cittadino di Milano 2.

E certamente c'entreranno dinamiche complesse di correnti, sottocorrenti, errori umani, sciatterie organizzative, e negli schieramenti sconfitti l'analisi si annuncia cruda e forse

cruenta. Ma al fondo è difficile non vedere una realtà: nella banlieu proletaria, sono tempi duri per le vecchie idee solidali. Se il liberalprogresso gucciniano ha un futuro, è nei vialetti verdi che portano a via Olgettina.

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