Cristina Bassi
«Quella droga era per me, ne faccio un uso quotidiano». Il sospetto della Procura è invece che attraverso la vendita dei 3,7 chili di hashish trovati a casa di Alessandro D., 30 anni, si auto finanziasse il gruppo di writer noto in tutta Europa col nome di «Wca» (we can all). Sono nove gli indagati nel fascicolo del pm Elio Ramondini, che ha coordinato l'operazione della polizia locale. Le accuse sono di danneggiamento e imbrattamento e, per due di loro, anche di possesso di stupefacenti ai fini di spaccio. Alla crew viene contestata inoltre l'associazione per delinquere. Ieri la direttissima per la convalida dell'arresto del presunto graffitaro-pusher lombardo (l'altro è stato arrestato a Reggio Emilia).
Per il giovane, residente a Opera ma che da anni vive a Barcellona, il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere in attesa del processo che partirà il 21 giugno. In aula Alessandro D. ha ammesso di essere tossicodipendente e ha raccontato di essere rientrato in Italia dopo la morte del padre. In passato ha frequentato il liceo artistico, che non ha portato a termine, e ha un diploma di traduttore. Ha precedenti penali sempre per droga e non ha un lavoro. «In casa ho trovato nascosti circa 17mila euro - ha detto - e ho comprato l'hashish per uso personale. Lo consumo ogni giorno da 17 anni, è l'unica cosa che mi fa stare bene. Soffro infatti di attacchi d'ansia e insonnia. Quella quantità mi sarebbe bastata per un anno».
Il suo legale di fiducia ha aggiunto che la polizia non ha trovato a casa del 30enne l'occorrente per confezionare le dosi, ha spiegato che le sue condizioni psicopatologiche sono certificate e ha chiesto che gli venissero concessi i domiciliari. Ma il giudice ha ritenuto più credibile l'accusa di spaccio e ha deciso per il carcere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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