Milioni sprecati: utili solo 30 intercettazioni su 200

da Roma

Sono l’altra faccia della medaglia, quanto a intercettazioni. Gli addetti ai lavori per antonomasia, i super esperti chiamati da accusa e difesa a leggere e interpretare le conversazioni impresse sui nastri delle procure, irrompono nella polemica del giorno. Per Alessio Russo, presidente nazionale del Collegio Periti Italiani, la situazione è allo sfascio. Troppe intercettazioni («la somma degli altri paesi, non arriva al totale dell’Italia») troppo costose («abbiamo raggiunto livelli pazzeschi mai toccati in precedenza») troppi soldi sprecati («si deve cominciare a tagliare a livello di apparecchiature e di trascrizioni delle intercettazioni»).
Da dove cominciare? Russo non ha dubbi: «Dal fatto, scontato, che in Italia le procure fanno un ricorso eccessivo alle intercettazioni, e che talvolta i magistrati non si curano di tenere da parte le intercettazioni irrilevanti rispetto a quelle che irrobustiscono l’accusa. Alla polizia giudiziaria raramente chiedono un lavoro di taglia e cuci. Prendono tutto, e tutto fanno finire nel calderone: se il peggior delinquente fa mille telefonate difficilmente, state certi che di queste meno della metà avranno una rilevanza investigativa (anche perché ormai sempre meno persone parlano al telefono). È un dato abnorme quello che offre il nostro Paese. Noi periti - insiste Russo - non abbiamo una ricetta sul da farsi, ma da addetti ai lavori un consiglio siamo in grado di darlo a chi si appresta a metter mano al problema: per prima cosa vanno ridotti drasticamente i costi previsti per le apparecchiature delle intercettazioni che gravano non poco sul bilancio delle spese di giustizia. È possibile risparmiare da un terzo a due terzi di quanto si sborsa quest’oggi per congegni elettronici che talvolta, è capitato, risultano anche inadeguati alle esigenze dell’inchiesta. Ma al problema si aggiunge problema: se è vero che una telecamera che costa 300 euro viene presa in affitto anche per indagini che si prolungano per anni, è altrettanto vero che quando lo Stato compra gli apparecchi poi li lascia “morire”, quando si rompono non li aggiusta... ». Ancora risparmio, sui trascrittori: «Stando sempre all’esperienza e alla quotidianità, abbiamo visto che spesso gran parte delle telefonate intercettate trascritte non ha alcun rilievo per l’indagine. Ciò significa che il lavoro del trascrittore, voluto dal magistrato, si rivela in gran parte sprecato. Ribadisco: ci è capitato spesso di notare che a fronte, che so, di 300 telefonate intercettate, si è no quelle interessanti ai fini dell’accertamento del reato saranno poco più di una trentina».
Tra gli associati è forte anche l’esigenza di cambiare le regole del gioco, affidando magari a un collegio di toghe, anziché a un singolo magistrato, la decisione di autorizzare l’ascolto di telefoni fissi e mobili. «Il principio della collegialità, con un organo a composizione plurima che delibera come in tribunale, in linea di principio sarebbe la soluzione ideale. Purtroppo la realtà è che in ogni collegio c’è un magistrato relatore che fa la proposta a cui pedissequamente si adeguano i colleghi. È un tasto molto delicato, ma il filone potrebbe essere quello giusto: a garanzia dell’intercettato e del contribuente».
A garanzia dell’indagato, tanto per cominciare, la magistratura dovrebbe impegnarsi a depositare «solo le trascrizioni interessanti per le indagini, lasciando fuori i colloqui dell’intercettato col panettiere e con l’amante.

Il codice già lo prevede: può scrivere brano numero uno, numero due, numero tre, dopodiché distruggere tutto immediatamente allorché si è appurato che le chiacchierate (non utili) sono state fatte correttamente. È proprio in questo frangente che la spesa diventa stratosferica, ma qualcuno fa finta di non saperlo... ».

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