«MILITARIA» Tecniche di guerra Il fuoco e l’acciaio

L’evoluzione delle armi moderne, dall’invenzione della polvere da sparo alle mitragliatrici per la prima linea

«MILITARIA» Tecniche di guerra Il fuoco e l’acciaio

Il quarto volume di «Militaria» offerto ai suoi lettori dal Giornale è dedicato all’evoluzione de «La macchina da guerra dal Medioevo al 1914». Un tratto di storia molto lungo, ma segnato da una linea di sviluppo univoca: quello dell’arma da fuoco. Negli eserciti antichi la differenza fra i fanti equipaggiati con armi bianche e gli addetti alle macchine da lancio, individuali (archi e fionde) o collettive (balliste e catapulte) che fossero era netta. Con l’invenzione della polvere da sparo il panorama bellico comincia a cambiare e si indirizza verso una distribuzione generalizzata di armi da fuoco, tutte basate sul principio della camera di scoppio e del lancio di proiettili. La sopravvivenza dell’arma bianca rimane nella forma di baionetta, che per molti decenni mantiene però la funzione difensiva della picca, quella di opporsi alle cariche di cavalleria.
L’affermazione dell’arma da fuoco come padrona del campo di battaglia, che ne scaccia gli uomini, prima disperdendone le formazioni e poi costringendoli a nascondersi sottoterra, nelle trincee e poi nei bunker di cemento armato, è lenta. Si basa su di una continua evoluzione dei materiali e delle tecnologie, nella direzione della cadenza di tiro, della gittata e della potenza esplosiva dei proiettili. Di tutto questo tratta il volume di «Militaria», con un corredo di illustrazioni attento e collegato con l’iconografia del secolo dei Lumi, che nella tecnologia e nel suo sviluppo positivo e lineare ha creduto con fiducia cieca.
Costruire fucili e cannoni non è semplice. È un’attività che si situa nel punto più alto delle conoscenze tecniche di una cultura. I saperi coinvolti sono numerosi. La siderurgia sta in testa, sia per quantità che per qualità di produzione. Nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale era la produzione di acciaio in milioni di tonnellate annue a definire la potenza di una nazione. Alla siderurgia si affianca la meccanica di precisione che sviluppa i meccanismi di sparo di fucili e cannoni. Oltre alla qualità dei singoli manufatti aveva però importanza forse maggiore la quantità del prodotto e la sua standardizzazione.
I primi cannoni, i primi archibugi e moschetti, erano prodotti artigianali. Armi individuali in senso pieno, diverse una dall’altra e standardizzate sulla base di convenzioni dei produttori più che di indicazioni dei committenti. Ogni bocca da fuoco nasceva sola e diversa da ogni altra, dalla stessa bottega uscivano armi diverse perché passate da mani diverse. Bisogna arrivare alle guerre delle Fiandre e dei Trent’anni in Germania perché si cominci a pensare a una unificazione programmata dei modelli e quindi a una produzione industriale. Infine arriva la rivoluzione decisiva a livello metodologico, realizzata in pieno ancien régime dal generale francese Gribeauval. Forte dell’esperienza maturata nella guerra dei Sette Anni contro i prussiani, Gribeauval si impegnò a riorganizzare il materiale d’artiglieria francese sulla base di due principi: la massima leggerezza e una diffusa standardizzazione. Fu ridotto il numero dei calibri impiegati, limitandoli a tre, si ridisegnarono affusti e traini, curando robustezza e leggerezza di ogni dettaglio con una cura tale che l’esercito napoleonico fu equipaggiato con il prodotto di questa riforma quasi senza ulteriori mutamenti.
Mentre tutti gli eserciti del mondo si ingegnavano ad allinearsi sui materiali Gribeauval, la siderurgia faceva passi da gigante e offriva la possibilità per nuove sperimentazioni: i proiettili esplosivi per i calibri maggiori e il ritmo di fuoco per i minori. Scomparivano le palle di cannone piene e contemporaneamente nasceva la mitragliatrice. Soprattutto la nascita di quest’ultima fu contrastata. Per la prima volta un’arma da prima linea richiedeva un munizionamento analogo, per quantità, all’artiglieria.

Le stesse armi individuali a ripetizione mettevano in crisi la capacità di rifornimento degli eserciti, che si vedevano costretti a mantenere in uso fucili e moschetti a colpo singolo per non vedere i fanti esaurire le munizioni nei primi minuti di combattimento. La guerra stava cambiando e la logistica prendeva il sopravvento sul campo di battaglia.

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