Cultura e Spettacoli

«Milk», Sean Penn un gay perfetto per l’Oscar

RomaHa ricevuto otto nomination agli Oscar Milk, il film drammatico di Gus Van Sant (miglior regista) che, uscito ieri nelle sale italiane, fa discutere e piace anche per l’interpretazione del protagonista Sean Penn (miglior attore protagonista), il ruvido attore e regista, qui alle prese con i diritti civili dei gay, ancora misconosciuti negli Usa anni Settanta. Quando Harvey Milk, il primo politico dichiaratamente omosessuale, eletto consigliere comunale a San Francisco (e assassinato nel 1978 dal rivale omofobo Dan White), si batteva per far abolire nelle scuole il divieto d’insegnamento imposto ai docenti «diversi». Un’altra America, dunque, più rigida e più puritana, emerge ora dal racconto di Gus Van Sant, articolato regista, che con Hunting Park (Genio ribelle), Elephant e Paranoid Park ha dimostrato nel tempo una versatilità d’autore sempre pronta a nuove sfide. «Barack Obama ha conosciuto la strada, proprio come Milk ed entrambi hanno dimostrato attenzione ai problemi economici e ambientali. Ma mentre Milk era un outsider, come semplice consigliere comunale di San Francisco, Obama s’è costruito una carriera politica eccezionale», dice Van Sant, che ha la faccia mite, una qualunque maglietta rosso sangue e i capelli unti, con la riga a destra. Comprereste un’auto usata da lui, eppure picchia duro mentre, confrontando il vecchio e il nuovo presidente Usa, afferma: «Se penso che Bush risolveva i problemi ambientali, dando la colpa al tempo atmosferico, o facendo abbattere alberi su alberi, quando da noi dilagavano gli incendi...».
E ci voleva una certa tempra registica per ribaltare l’immagine decisamente virile di Sean Penn, «macho» pronto a sbarazzarsi dell’allora moglie Madonna perché, tra l’altro, lei si rifiutava di lavargli i calzini, compito coniugale per eccellenza. Convincere un duro come lui a baciare, sia pure per esigenze di copione, il collega James Franco, si è rivelata, dunque, una piccola impresa. «Eppure è stato divertente modificare il mito del “macho”», spiega Gus, scortato da Dustin Lance Black, giovane sceneggiatore di Milk (e anche qui, nomination per la miglior sceneggiatura originale).
«Sean non aveva mai baciato un uomo ed era emozionato, si capisce. Appena letta la sceneggiatura, però, ha lavorato talmente a fondo sul personaggio, da semplificarmi il lavoro. Si tratta di un attore dal pensiero aperto. In verità, i veri problemi sono venuti da Hopper, il figlio quindicenne di Penn. Il ragazzo, infatti, si è innervosito e non voleva neanche venire all’anteprima. Ma poi il padre l’ha convinto, spiegandogli il senso del film.

Vedendo Milk, Hopper ha finito col commuoversi e, insieme a lui, anche Sean si è commosso», racconta Van Sant, il cui film, assai gradito al New York Critics Circle (la crema della cinefilia radical-chic d'Oltremanica, pronta a ravvisare in Milk il miglior film dell’anno), negli Usa resta vietato ai minori di diciassette anni.

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