Genova - Dopo le scritte intimidatorie sui muri della cattedrale, ecco la busta con un bossolo di proiettile e foto segnata dalla svastica: le minacce a monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, saranno pure «frutto di esaltati» o - come dichiara il portavoce della Curia genovese, Carlo Arcolao - «di frange molto piccole e psicologicamente labili», ma intanto si moltiplicano. E la questura del capoluogo ligure dimostra di non sottovalutarle, decidendo anzi di rinforzare la scorta già assegnata al presule nei giorni scorsi.
Tanto più a poche ore dall’episodio di intolleranza avvenuto venerdì, ma reso noto ieri: nel palazzo arcivescovile annesso alla cattedrale di San Lorenzo - dove alcune settimane fa erano apparsi messaggi ingiuriosi all’indirizzo di Bagnasco, in relazione alle sue dichiarazioni contro i Dico e in difesa della famiglia - è stata recapitata una busta anonima diretta al capo dell’arcidiocesi. L’ha aperta un suo segretario che si è trovato fra le mani un bossolo e una foto di Bagnasco ritagliata da un giornale su cui era tracciata col pennarello una svastica. «Il fatto è stato tenuto riservato anche ai più stretti collaboratori dell’arcivescovo - spiegheranno poi dalla Curia - per non alimentare il clima di allarme». Lo stesso Bagnasco, che in serata ha ricevuto la telefonata del premier Romano Prodi) si è incontrato con il questore Salvatore Presenti, e subito sono scattate le indagini che hanno portato ad accertare la natura del bossolo (la parte metallica del proiettile espulsa dopo lo sparo): calibro 9 per pistola, modello 34, di fabbricazione precedente alla Seconda guerra mondiale. Questo particolare rafforza negli investigatori la convinzione che il mittente sia un mitomane. Lo ribadisce il questore Presenti. Il quale, comunque, ha stabilito contromisure adeguate di protezione.
Ieri, in occasione delle cerimonie religiose che si sono svolte alla presenza di Bagnasco, due agenti non si sono mai allontanati da lui, anche al momento della Comunione. In particolare nella cattedrale, dove nel pomeriggio ha ordinato tre nuovi diaconi, il prelato ha fatto solo un accenno alle minacce, durante l’omelia: «Oggi - ha scandito il presidente della Cei, con voce ferma - la diocesi vive una grande gioia che non può essere turbata da nulla». Dal Vaticano arriva la solidarietà del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, suo predecessore a Genova: «Bisogna che l’Italia sostenga Bagnasco e non lo lasci solo. Di più non posso dire. Io sono suo amico e anche tra noi due ci sosteniamo vicendevolmente». Ma la tensione in città resta alta: pur nel tentativo di ridimensionare la portata degli episodi «per non alimentare alcuna forma di scontro», le autorità religiose e i vertici delle forze dell’ordine mantengono il livello di vigilanza, sulla base del progressivo inasprimento della tensione che si è verificato d 2 aprile scorso, quando Bagnasco ha criticato la normativa sui Dico. Quel giorno, sulla porta di San Lorenzo, appare la prima scritta: «Bagnasco vergogna». Dopo un vertice tra il questore e il prefetto Giuseppe Romano, si decide di affidare al vescovo un agente di scorta.
Nei giorni successivi, nonostante Bagnasco eviti di tornare sull’argomento-Dico, spuntano nuove scritte a Genova e in altre città italiane. Alcuni slogan sono «firmati» con la stella a cinque punte delle Br. La mattina del 25, sempre a Genova, a ridosso di uno dei muri del duomo, mentre a poca distanza è in corso la cerimonia per l’anniversario della Liberazione, viene abbandonata una valigetta. Scatta l’allarme bomba: i carabinieri, per sicurezza, la faranno saltare in aria. Sembra l’ultimo sussulto dell’anticlericalismo più radicale.
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