Minacce dalla Moschea Rossa: «Via ai kamikaze se ci attaccano»

Islamabad. Il generale Pervez Musharraf, da quasi otto anni capo dello Stato pakistano, ha parlato chiaro in diretta televisiva dopo l’uccisione di un colonnello la notte scorsa e le notizie diffuse ieri di un possibile coinvolgimento di elementi di Al Qaida: se i fanatici islamici asserragliati nella Moschea Rossa da una settimana non si arrenderanno «allora moriranno». Ma Abdul Rashid Ghazi, il capo dei ribelli assediati dentro la Lal Masjid (Moschea Rossa), ha risposto che il loro sangue scatenerà una rivoluzione islamica in Pakistan, con un’inarrestabile ondata di attacchi suicidi in tutto il Paese.
Non si sa quante persone, forse un migliaio, siano ancora nella moschea, un covo di estremisti che il regime di Musharraf per anni ha tollerato per non esacerbare i contrasti. Le autorità dicono che donne e bambini sono ostaggi, scudi umani, dei fondamentalisti.

La polizia ha diffuso la notizia che il comando è ormai nelle mani di elementi di Al Qaida, fra questi due leader del gruppo che uccise barbaramente nel 2002 il giornalista americano Daniel Pearl. La «soffiata» alla stampa conferma che la pazienza del governo si è esaurita e, malgrado il pericolo di fare una strage, le autorità sembrano ormai prepararsi all’attacco finale.

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