La minaccia di una nuova sifilide «A Milano i primi quindici casi»

On line curriculum, esperienza e rabbia di perdere l’impiego che amavano

In Italia non era mai stato registrato nessun caso. Cosa fosse il linfogranuloma venereo (Lgv) gli esperti lo sapevano, certo, ma nessuno immaginava che presto i medici dell’Essti (European surveillance of sexually transmitted infections) avrebbero parlato di una vera e propria epidemia.
Quando scoppiò il primo focolaio in Olanda, nel 2003, il problema sembrava lontano, circoscritto al mondo omosessuale. Già nel 2005, però, i casi erano saliti a 144 e pian piano, hanno iniziato a varcare i confini nazionali. Tra Parigi e Bordeaux 142, a Londra 34 e poi ancora 8 in Belgio, 20 in Germania, 3 in Svezia e uno in Spagna. Ma in Italia no, fino a quest’anno di linfogranuloma non si era ancora sentito parlare.
Il primo caso, è stato registrato a Milano nei primi mesi del 2008. Poi uno dietro l’altro, per ora 15 in tutto e tutti (maschi), nel capoluogo lombardo. L’eccezione: una segnalazione a Firenze e forse, un’altra a Torino. Nel resto della penisola, ancora niente. «È solo l’inizio - spiega il dottor Marco Cusini, responsabile del Centro malattie a trasmissione sessuale (Mts) - gli esperti prevedono una grande epidemia». Più grave, per intenderci, di quella che ha fatto tornare «di moda» la sifilide. Il dato: «Nel 2001 ci siamo trovati per la prima volta ad affrontare di nuovo questa malattia che sembrava dimenticata e ora, a Milano diagnostichiamo circa 250 nuovi casi di sifilide l’anno». E però, «il linfogranuloma è ancora più grave e sarebbe un grande errore sottovalutarne il pericolo».
Si trasmette attraverso rapporti sessuali non protetti «la nuova sifilide». Alla sua origine, alcuni sierotipi specifici del batterio Chlamydia Trachomatis, tra le sue caratteristiche: infezioni anorettali con sintomi di lunga durata, dolore molto profondo e costipazione. «Si può guarire solo con una lunga terapia antibiotica - chiarisce Cusini - ma nella maggior parte dei casi il problema è la diagnosi». Spesso infatti, viene scambiato per un disturbo dell’intestino e così i pazienti vengono sottoposti a terapie errate, pesanti ma inutili.
«Tutti i malati che ho avuto in cura - continua il responsabile del centro Mts - avevano viaggiato nel nord Europa e tutti, erano già Hiv positivi, ben consapevoli di esserlo». Sospira Cusini quando ammette: «Questa è l’ennesima prova che il livello d’attenzione sta calando e che la terapia antiretrovirale utilizzata dagli Hiv positivi ha un effetto collaterale: conducendo una vita perfettamente normale, queste persone non si sentono in pericolo, e soprattutto, non pensano di esserlo per i loro partner». E così la «peste di fine millennio» continua a diffondersi, al punto che a Milano si contano circa 200 nuove infezioni l’anno che vanno a colpire anche i più giovani («una trentina gli under 25 che abbiamo in cura»). Parleranno anche di questa nuova emergenza i 600 specialisti che da giovedì prossimo si riuniranno a Milano per la ventiquattresima Conferenza europea dell’Unione internazionale contro le infezioni sessualmente trasmissibili. «E di molto altro», spiega Cusini, che quest’anno ne è l’organizzatore.

Il titolo del Congresso non è un caso: La dolce vita - the other side of the coin, «perché bisogna continuare a ricordare che basta praticare sesso sicuro per non incorrere in alcun rischio». Basta poco insomma, per non trovarsi dall’altro lato della medaglia e godersi, semplicemente, la dolce vita.

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