La minaccia di Pechino su Expo 2015

La corsa per l'assegnazione dell'Expo 2015, la grande scommessa di Letizia Moratti, è entrata in dirittura d'arrivo; il voto che dovrà scegliere tra le candidature di Milano e di Smirne avrà luogo a Parigi tra esattamente tre mesi, con la partecipazione dei rappresentanti di ben 131 Paesi, e dopo un anno di serrata «campagna elettorale» da parte di entrambe le città l'esito appare ancora molto incerto. Alcuni governi si sono già impegnati con l'una o con l'altra (ma sono ancora liberi di cambiare idea, come potrebbe fare la Cina per ritorsione contro l'accoglienza che Milano ha riservato al Dalai Lama), ma la maggioranza si è limitata ad ascoltare le delegazioni che Italia e Turchia, o le stesse due città concorrenti, hanno mandato in giro per il mondo per illustrare i rispettivi progetti. Presumibilmente, in vista del voto, i Paesi più importanti osserveranno anche con attenzione gli eventi, positivi e negativi, che coinvolgono le due città, come la possibilità di perdere l'hub di Malpensa per Milano o il pericolo di attentati terroristici a Smirne.
Per capire perché la competizione è ancora così aperta bisogna tenere conto dei criteri che - all'ora «X» - ispireranno il voto degli Stati rappresentati nel Bureau. Se si trattasse semplicemente di pesare i punti forti e i punti deboli delle due città, non ci sarebbe gara.

Nonostante i molti difetti che le vengono costantemente attribuiti, la Milano della Scala, dell'Ultima cena e della Fiera vincerebbe a mani alzate contro una Smirne che ha sì uno splendido lungomare e una robusta economia industriale, ma che per qualità globale della vita è molto indietro rispetto a noi. L'idea di dedicare la mostra all'alimentazione ha riscosso consensi in quasi tutti i continenti. (...)

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