Saranno solo quattro uffici semi vuoti o serviranno realmente? I ministeri del Nord (o meglio, le loro succursali), inaugurati venerdì a Monza, entreranno ufficialmente in funzione a settembre. «E i cittadini vedranno la differenza» assicura il vice presidente della Regione Lombardia Andrea Gibelli. «Sta nascendo qualcosa di nuovo - assicura l’esponente del Carroccio spiegando cosa cambierà a breve -. Questo decentramento può essere considerato il punto di inizio del federalismo. I cittadini avranno interlocutori diretti con cui dialogare, cosa che ora non accade. Con una sede del ministero dell’Economia a Monza, per le imprese sarà come avere uno sportello sotto casa e interagire sarà più veloce». Insomma, la Lega tiene a precisare che, certo, gli spazi per i dicasteri saranno limitati (circa 100 mq), ma «i ministeri non si giudicano dai metri quadri, bensì dal lavoro che fanno».
In attesa dell’avvio degli uffici a settembre, montano le polemiche. A molti non piace l’idea delle nuove dependance lombarde dei ministeri di Semplificazione, Riforme, Economia e, prossimamente, Turismo. Perfino il sindaco Giuliano Pisapia critica l’inaugurazione delle scrivanie a Monza. E non lo fa con un commento fuggente ma con un comunicato ufficiale in cui, stizzito, parla di «una buffonata che comporta nuovi sprechi». Il Comune di Milano infatti, che fa parte del cda di Villa Reale dove hanno aperto le sedi ministeriali, si è opposto duramente «allo snaturamento di un bene che dovrebbe essere utilizzato nell’interesse di tutti» ma la battaglia non ha fermato le intenzioni leghiste. Pisapia sostiene che questo non sia federalismo ma «un’inaugurazione propagandistica di piccoli uffici ministeriali corredati da foto di Umberto Bossi e statuette di Alberto da Giussano». Il Pdl è scettico e parla di una «regressione feudale». L’Udc fa notare che per un cittadino del Nord Monza è più difficile da raggiungere rispetto a Roma: «L’ipotetica delocalizzazione, se mai dovesse realizzarsi, si trasformerebbe in una complicazione proprio per i cittadini del Nord».
Il presidente della Regione Roberto Formigoni aspetta di vedere gli effettivi vantaggi per il territorio da settembre in avanti. E nel frattempo prende le distanze «sia da quelli che si stracciano le vesti pensando che il decentramento sia un crimine contro la Repubblica, sia da quelli chi pensa che questo sia l’inizio del federalismo».
Uffici a parte, secondo il governatore il federalismo comincerà «solo quando verranno trasferiti effettivamente i poteri alle Regioni». Poteri e finanziamenti. Ma, vista l’aria che tira, con la manovra e i tagli, non sembra che la svolta sia proprio dietro l’angolo.
Per tagliare realmente i costi, Formigoni propone un piano destinato a rivoluzionare la mappa amministrativa italiana: accorpare i comuni con meno di 5mila abitanti, tagliare le Province (a cominciare da quelle più sprecone), come era scritto nel programma di governo del Pdl, ed eliminare le regioni più piccole, costose e non competitive. «Meno regioni ma con più poteri» è la proposta che il governatore lombardo avanza al governo.
Il Carroccio sposa la linea («Siamo favorevoli all’esercizio associato delle funzioni amministrative») ma ricucina la proposta in salsa leghista: «Accorpare le regioni significa creare una macro regione? - interviene Gibelli -. Allora diamo un nome a questa macro-regione: si chiama Padania. Il federalismo abbatterà anche i costi: non è vero che uno stato federale cosi più di uno stato tradizionale e centralista».
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