Nemmeno tra le sigle che si sono schierate per il «no» la protesta ha fatto il pieno. La metà degli statali che pagano con la busta paga liscrizione ai sindacati della linea dura, non se lè sentita di protestare contro il rinnovo del contratto. Quelli che lo hanno fatto sono «unesigua minoranza», spiega il ministro al Giornale. «Se si tiene conto che la protesta è stata promossa dalla Cgil e dalla Uil per quanto riguarda gli enti locali e la sanità e si fanno i conti, emerge che solo la metà degli iscritti ai sindacati che hanno proclamato la protesta hanno aderito allo sciopero». Poco importa che la Cgil Funzione pubblica parli di «grande successo» perché, spiega Brunetta, «nessuno si è accorto dello sciopero». La sconfitta per la Cgil che non ha firmato è resa più clamorosa dal fatto che il primo turno delle proteste (sono in agenda altre due date, al Nord il 7 novembre e al Sud e nelle isole il 14) ha riguardato lItalia centrale. Concentrando la protesta nelle regioni i sindacati contavano di «partire da un potenziale più alto». Il risultato non cè stato, nemmeno in zone dove la Cgil ha quasi il monopolio. «Non riesco a immaginare cosa succederà al Nord e al Sud», commenta il ministro. La conclusione politica è scontata: «La Cgil è isolata rispetto anche rispetto ai suoi stessi iscritti. Il 90 per cento dei dipendenti pubblici del Centro Italia ha giudicato positivamente il contratto sottoscritto la settimana scorsa. Il contratto è un contratto serio e onesto e la Cgil se ne farà una ragione».
Brunetta è tranchant sulla nuova guerra di cifre (la Cgil ha parlato di adesioni fino al 50 per cento anche se il segretario della Fp, Carlo Podda, ha detto che non vuole entrare nella polemica sui numeri). Impossibile che possano fare un bilancio visto «che solo il ministero è in possesso dei dati». Anche in questo caso la strategia che il ministro intende percorrere è la stessa: «Trasparenza contro la disinformazione».
AS
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