Laura Novelli
La passione per un libro è spesso irrazionale, istintiva. Scatta qualcosa dentro di noi e lì resta, crescendo nellanima come crescono le emozioni, i ricordi, le sensazioni più intime. Questo amore può durare anche anni e talvolta trasformarsi in unesperienza diversa, da condividere e comunicare agli altri. Così è successo a Sonia Bergamasco, autrice, regista e unica interprete di un lavoro ispirato a «Trentesimo anno», della scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann, che la accompagna ormai dal 2001 e che ogni tanto riaffiora nella sua vita dattrice, ritrovando ogni volta nuovo vigore e nuova ragion dessere.
Dopo averlo proposto nellambito della rassegna «Esplor/Azioni» diretta da Gioia Costa, «Giorni in bianco» (questo lemblematico titolo del monologo-concerto) torna adesso sulla scena capitolina (questa sera, ore 21.30, ai Giardini della Filarmonica per «I solisti del teatro») carico della suggestione di sempre e impreziosito da una coincidenza che, per quanto fortuita, gli regala forse un senso maggiore. Allepoca di «Esplor/Azioni», infatti, la Bergamasco era in attesa della sua prima bambina; questanno, la brava attrice milanese si riaccosta a quellassolo lieve e sommesso mentre aspetta la sua secondogenita. «È una semplice casualità - dice - però non posso negare che lessere in compagnia dia forza al mio recital. In fondo parlo di unattesa, di qualcosa che deve nascere e che nascerà». Un uomo arriva alla soglia dei 30 anni e si trova ad intraprendere un viaggio doloroso alla ricerca di sé. Quanto descrive la Bachmann non è però solo una situazione di crisi o di presa di coscienza, perché «il tema che più di ogni altro affiora lungo questo viaggio fisico e insieme interiore è il desiderio di libertà. Un desiderio negato dalla mancanza stessa di libertà». Il tutto attraverso una scrittura solida, rigorosa, talmente lirica da prestarsi bene ad una trasposizione scenica come quella osata dalla Bergamasco, capace qui di entrare nella musicalità profonda del testo («quella che risiede nelle singole parole e sillabe») e di restituirne ogni sussulto quasi in forma di canto. Eppure non cè musica in scena, non ci sono strumenti. Cè solamente lei, con la sua voce e il suo abito bianco. «Non si tratta di eclettismo - riprende - bensì di un unico rivolo in cui cerco di incanalare i miei talenti, grandi o piccoli che siano. Me lo ha insegnato Carmelo Bene (che la volle con sé nel «Pinocchio» del 98, ndr). Con la sua rudezza e sincerità, mi ha spronato a fare da sola, a non disperdermi, a mettere insieme parole e musica lungo la stessa via. Un tipo di lavoro in cui mi ritrovo e che mi rappresenta». Verso la fine dellestate, inoltre, lattende un impegno del tutto diverso: «Ambrogio Sparagna mi ha chiesto di cantare alla «Notte della Taranta» che si svolge a Melpignano, nel Salento, il 27 agosto. È unesperienza alla quale tengo molto».
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