Il primo bilancio del governo e le prossime sfide che attendono l’esecutivo, in Italia e nella comunità internazionale. Dalle politiche più efficaci per affrontare la crisi economica alle difficoltà dell’opposizione, dalla delicatissima scelta di intervenire sul caso di Eluana Englaro ai difficili rapporti con una parte della magistratura. In una lunga intervista a Irene Velasco, corrispondente del quotidiano spagnolo «El Mundo», Silvio Berlusconi interviene a tutto campo sui grandi scenari del 2009. E annuncia il più ambizioso obiettivo della presidenza italiana del G8: «Avviare un’era di cooperazione e coordinamento tra i Paesi occidentali e le economie emergenti», per «ridurre lo squilibrio tra ricchi e poveri» nel mondo. È il progetto di un «capitalismo sostenibile», volto al benessere non solo delle generazioni attuali, ma anche di quelle future».
Lei si è sempre dichiarato un grande difensore del libero mercato e del capitalismo. Dopo questa crisi crede ancora che il capitalismo sia il sistema economico più adeguato o pensa che abbia bisogno di essere riformato? Si dibatterà al vertice del G8 all’isola La Maddalena su questo argomento e si farà un esame di coscienza, visto che molti considerano che gli otto Paesi più ricchi del mondo hanno una grande responsabilità in questa crisi?
«Il capitalismo resta il sistema migliore se paragonato a quelli ispirati al pensiero collettivista che hanno condannato intere popolazioni alla miseria e all’assenza di libertà. Però alcune regole, soprattutto in campo finanziario, vanno riformate: ne dibatteremo alla Maddalena e l’esame di coscienza lo stiamo già facendo. Uno degli obiettivi della Presidenza italiana del G8 è avviare un’era di cooperazione e coordinamento tra i Paesi del G8 e tra questi e le economie emergenti, per definire standard etici e giuridici comuni e nuove regole di trasparenza, correttezza e integrità delle attività economiche e finanziarie internazionali. Non è il capitalismo sul banco degli imputati, ma la degenerazione di alcuni aspetti del libero mercato. Vogliamo poi rafforzare il dialogo Nord-Sud, riducendo lo squilibrio tra Paesi ricchi e poveri. Al G8 proporremo la Detax, un meccanismo fiscale che destina ai Paesi in via di sviluppo una percentuale di gettito fiscale, e lanceremo una nuova filosofia degli aiuti che coinvolga più strumenti e più attori, anche privati. Credo in un modello di capitalismo sostenibile volto al benessere non solo delle generazioni attuali, ma di quelle future. In Italia abbiamo adottato misure concrete a sostegno dei più deboli: i “bonus” per le famiglie più povere e numerose, la social card, il fondo per i neonati, le detrazioni di spesa per asili nido e pubblici trasporti, i fondi per agevolare gli affitti, sconti fiscali sui mutui e un grande finanziamento per alimentare gli ammortizzatori sociali a favore dei lavoratori che perdono il posto di lavoro».
Lei ha stravinto le scorse elezioni e la sua popolarità in questo momento vola a livelli stratosferici. Secondo lei perché gli italiani la amano così tanto?
«Con la crisi in corso un apprezzamento tra il 64 e il 73 per cento è francamente imbarazzante. Non può che diminuire! Gli italiani hanno capito che questa crisi è globale, che non è una responsabilità del governo e che, anzi, stiamo facendo tutto il possibile, in sintonia con gli amici europei, per alleviarne gli effetti, per ridare fiducia alle famiglie e alle imprese e preparare la ripresa. Gli italiani mi conoscono da sempre. Hanno fiducia in me perché ero il più popolare e invidiato imprenditore italiano e ho lasciato tutto per mettere a disposizione del mio Paese e dei miei concittadini la mia esperienza e le mie capacità. Erano stanchi delle chiacchiere della sinistra, volevano fatti. In meno di due mesi abbiamo risolto la tragedia dei rifiuti a Napoli e in Campania, abbiamo mantenuto italiana la nostra compagnia di bandiera, l’Alitalia, abbiamo garantito i conti pubblici innovando con l’adozione di una finanziaria triennale che le lobby non sono riuscite a modificare, abbiamo fatto ripartire le grandi opere bloccate dai veti ideologici della sinistra, abbiamo riformato la scuola e la giustizia, abbiamo difeso consumatori e risparmiatori dalla crisi finanziaria, e infine abbiamo restituito al Paese un ruolo da protagonista sulla scena internazionale».
Questo è il primo Parlamento italiano del dopoguerra nel quale non c’è un comunista. E poi alcuni giorni fa Walter Veltroni, leader del principale partito di centrosinistra, si è dimesso. Come interpreta lei, un uomo di destra, i motivi della crisi della sinistra italiana? È contento di governare senza opposizione?
«Mi spiace doverla smentire. Io non sono un uomo di destra. La ragione del consenso di cui godo nel Paese è che le vecchie ideologie non contano più. Chi si ostina a farsene portavoce, viene punito dal voto. Siamo stati noi ad avviare le riforme per cambiare l’Italia con un programma sociale tra i più avanzati. Al contrario, i partiti della sinistra si sono arroccati in difesa dei privilegi, delle corporazioni e della vecchia politica, senza essere in grado di interpretare i bisogni di un Paese che si è evoluto. Noi, invece, abbiamo rilanciato il nucleare e la campagna contro l’assenteismo. La sinistra è tuttora soggetta al ricatto del fanatismo ambientalista, avrebbe perso altro tempo prezioso prima di mettere mano all’emergenza energetica del Paese. Sotto il ricatto dei localismi, non avrebbe mai potuto risolvere il problema dei rifiuti. Sotto quello delle minoranze sindacali, non avrebbe mai accolto il criterio del merito nella pubblica amministrazione e nella scuola. Inoltre, divisa al suo interno praticamente su tutto, non avrebbe avuto mai il coraggio di assumere decisioni importanti su temi cruciali. La crisi dell’opposizione non può far piacere a nessuno. Anzi, preoccupa. Il ruolo della minoranza in una democrazia è essenziale e bisogna saperlo esercitare in modo costruttivo. Ma purtroppo la crisi dell’opposizione italiana sembra destinata a durare a lungo».
Secondo lei, che ha detto che ha mandato a casa uno dopo l’altro sette esponenti del centrosinistra, c’è qualcuno nel centrosinistra che potrebbe essere all’altezza di fare il capo dell’opposizione?
«Non sette. Otto. C’era anche Renato Soru, leader in pectore del Partito Democratico, candidatosi a governare la Sardegna e ad essere in prospettiva il leader del Pd, e invece sconfitto nelle elezioni regionali. Lei mi chiede se c’è qualcuno all’altezza di fare il leader dell’opposizione. Le osservo che il Partito Democratico ha appena scelto un nuovo segretario...».
Perché il suo governo era così deciso a impedire la morte di Eluana? Lei ha detto che il Consiglio dei ministri ha preso la decisione di salvare Eluana per motivi morali. Ma la morale non dovrebbe essere lasciata fuori, visto che è una cosa molto soggettiva? Per il papà di Eluana, era morale permettere che sua figlia si spegnesse. E poi la Giustizia aveva sentenziato che a Eluana poteva essere interrotta l’alimentazione e l’idratazione artificiale. Non crede che il governo avrebbe dovuto rispettare quella sentenza in nome del principio democratico della divisione di poteri?
«Un governo democraticamente eletto ha il diritto e il dovere di prendere delle decisioni. La morale può essere soggettiva, la legge no. Soprattutto su temi fondamentali come quelli che implicano la vita e la morte, non si possono lasciare vuoti normativi, perché è in quel vuoto che nasce il problema. La magistratura, a differenza del Parlamento, non ha il potere di fare le leggi, ha invece l’onere e l’onore di applicarle. Se c’è un vuoto, il compito di colmarlo con una legge spetta al Parlamento. Ma poiché questa legge sul “fine vita” in Italia non c’era, noi abbiamo naturalmente portato in Parlamento la nostra proposta, con la libertà per i nostri parlamentari di votare secondo coscienza. Vorrei ricordarle che nel caso di Eluana non è stata interrotta una cura, non si è messo fine a un accanimento terapeutico. Semplicemente, a una donna malata si volevano togliere acqua e alimenti, e di qui nasceva la necessità e l’urgenza di un provvedimento del governo che poi il Parlamento avrebbe approvato o respinto, e i magistrati applicato».
Quanto ha pesato l’opinione del Vaticano su questa vicenda?
«Le scelte del governo italiano sono assolutamente autonome. E lo sono state anche in questo caso. È ovvio che in una società libera la Chiesa possa esprimere il proprio punto di vista, come tutti. Mi stupirei se non lo facesse, specie quando sono in gioco alcuni valori che per i cristiani sono essenziali. Piuttosto, noto che i critici del mio governo strumentalizzano le dichiarazioni di esponenti della Chiesa, definendole ingerenze quando appaiono in sintonia col governo, e invece critiche del tutto legittime quando sembrano divergere».
Uno dei primi provvedimenti approvati dal suo governo è stato il cosiddetto Lodo-Alfano, definito dall’opposizione una legge “ad personam”, varata per evitare il processo Mills. Alcuni giorni fa, infatti, un Tribunale di Milano ha condannato l’avvocato Mills a quattro anni e mezzo di carcere per essere stato corrotto, secondo i giudici, da lei. E invece lei non può essere giudicato per quella vicenda. Non crede che il premier dovrebbe sottoporsi per primo alla giustizia?
«La legge è nata da un’esigenza indicata dalla stessa Corte costituzionale, ovvero la necessità di consentire alle più alte cariche dello Stato di svolgere appieno e con serenità il proprio importante mandato. In Italia, il principio del giusto processo prevede la piena partecipazione al dibattimento. In un processo che dura due o tre anni con una cadenza di due o tre udienze la settimana, è praticamente impossibile partecipare e difendersi per coloro che svolgono alte e impegnative funzioni istituzionali. Il meccanismo dell’immunità è ben noto in altri Paesi, compresa la Spagna, dove riguarda i parlamentari ed è molto più forte che in Italia, dove il processo viene soltanto sospeso. Nel merito, io non ho mai neppure conosciuto il signor Mills e sono assolutamente certo di venire assolto quando il processo riprenderà. Aggiungo che la presidente del collegio di quel tribunale è una nota esponente di sinistra che si è espressa più volte contro le leggi del nostro governo. Il dubbio sulla sua imparzialità è legittimo. Purtroppo, una parte della magistratura italiana è politicizzata e ha usato e usa il proprio potere come arma di lotta politica contro gli avversari, in particolare contro l’unico esponente del centrodestra a poter prevalere sulla sinistra. I giudici politicizzati della sinistra hanno persino tentato di ribaltare il risultato del voto democratico, riuscendovi nel 1994 con un’accusa da cui sono stato naturalmente assolto con formula piena dopo dieci anni di processi. Ricordo solo pochi dati: dal 1994 al 2006, ben 789 magistrati si sono occupati di Silvio Berlusconi con indagini e processi che hanno portato a 587 visite della polizia giudiziaria o della Guardia di Finanza e a 2.500 udienze, più di un record mondiale! Conclusione: sono sempre risultato innocente, perché fortunatamente i giudici imparziali sono ancora la maggioranza».
In tanti la criticano per non aver detto parole sufficientemente chiare e nette di condanna del ventennio fascista. Cosa pensa di quel periodo e come giudica queste critiche?
«Il partito di cui sono il leader si chiama Popolo della Libertà e fa parte della grande famiglia della democrazia e della libertà che è il Partito dei Popolari Europei. Nessuno può pensare che io abbia reticenze riguardo al fascismo e per la verità non mi risultano le critiche a cui lei fa riferimento. Mi riconosco in pieno nei principi della nostra Costituzione repubblicana e li ho difesi in più occasioni. Le ricordo che la stessa Costituzione prevede le procedure di modifica per il suo adeguamento alle nuove esigenze dei tempi. Piuttosto, non mi appassiona il dibattito sul passato. Gli italiani devono guardare avanti. Per troppo tempo in Italia siamo rimasti chiusi dentro una gabbia culturale, in una contrapposizione anacronistica tra fascismo e antifascismo».
La politica italiana contro l’immigrazione è stata molto criticata da esponenti del governo spagnolo. Alcune persone, infatti, hanno accusato il suo governo di avere atteggiamenti xenofobi, soprattutto contro i rom. Lei come risponde a quelle critiche?
«La nostra politica dell’immigrazione non è “contro”, come dice lei. Non è contro l’immigrazione tout court. Abbiamo rispetto verso coloro che vengono in Italia per migliorare le proprie condizioni di vita e quelle della loro famiglia attraverso un lavoro onesto, tra mille sacrifici e rispettando le leggi. Al contrario, abbiamo un atteggiamento fermo verso coloro che in Italia entrano illegalmente e vivono di crimini e di espedienti senza alcuna volontà di integrarsi. La realtà è che i bambini stranieri frequentano le nostre scuole in numero sempre maggiore, le famiglie straniere godono di una piena assistenza sanitaria, e il governo ha anche stanziato fondi per la sanità a favore degli immigrati irregolari. Altri governi, non escluso quello spagnolo, si trovano alle prese con una forte immigrazione illegale. I clandestini mandati via dalla Spagna negli ultimi anni sono stati decine di migliaia. Quanto ai romeni, che sono cittadini europei, la Francia ne ha espulsi migliaia solo nel 2008. Nello stesso periodo, l’Italia appena quaranta. Pure i tempi di detenzione nei Centri d’accoglienza sono inferiori da noi a quelli della gran parte dei Paesi europei. Per ciò che riguarda le critiche di razzismo che ci sono state mosse in passato, il suo stesso giornale le ha definite “gaffe” nei nostri confronti».
Lei, che è un self-made man, non cercherebbe di entrare in Italia come clandestino nel caso fosse nato in un Paese del terzo mondo e fosse povero?
«Io, come le ho detto, apprezzo chi tenta di costruirsi onestamente un futuro per sé e per i propri figli integrandosi in un altro Paese. Ma ho ancora più stima di chi decide di non lasciare la propria terra e, anzi, di contribuire con il proprio lavoro e la propria iniziativa a farla crescere, mettendosi al servizio della sua comunità. Io non sono andato a fare l’imprenditore negli Stati Uniti, sono rimasto qui».
L’Enel è ormai proprietaria del 92% di Endesa, la più importante compagnia elettrica spagnola. Invece, quasi ogni volta che gli spagnoli hanno cercato di investire in Italia non hanno potuto farlo (caso Abertis e Autostrade, nel Bbva e Banca Nazionale del Lavoro). E non mi faccia per favore l’esempio di Telefonica, perché sebbene sia l’azionista di maggioranza in Telecom Italia, non ha nelle sue mani il controllo della compagnia... Non crede che ci sia un grande disequilibrio tra i due Paesi? Non crede che l’Italia sia troppo protezionista?
«Guardiamo i fatti. Per quanto riguarda Abertis e Autostrade, il problema è nato col precedente governo, non è quindi a me che va posta la domanda. Il Bbva è stato azionista importante della Bnl finché non ha deciso di ritirarsi ricevendo un’ottima plusvalenza. Lo stesso vale per il Banco di Santander rispetto al San Paolo, prima della fusione con Banca Intesa. La Bnl, peraltro, è stata acquisita da una banca francese. Quando l’Italia ha aperto il mercato dell’energia, sono entrati senza problemi gruppi stranieri. L’investimento di Telefonica è finanziario, nessuno l’ha costretta a entrare in Telecom in quella posizione.
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