da Abbiategrasso (Milano)
«Non sappiamo niente». La voce di Pinuccia Bossi, sorella di padre Giancarlo Bossi, rapito da un commando l'altro ieri nelle Filippine poco prima di celebrare la messa, è tremolante. L'ansia è tanta, ma la donna è forte e ieri mattina si è presentata comunque all'Associazione commercianti di Abbiategrasso, dove lavora. «Almeno non penso a Giancarlo».
Don Bossi opera nella provincia di Zamboanga da oltre 20 anni. Non si sentiva in pericolo?
«No, per niente. Lui è un tipo tranquillo, imperturbabile. Certo, sapeva che quello è un Paese turbolento, ma a sud, dove stava lui, non erano mai stati presi di mira gli stranieri. Non se lo sarebbe mai aspettato, mi creda».
I sospetti cadono tutti sul Fronte moro islamico...
«La Farnesina non ci ha comunicato nulla di ufficiale. Perciò è inutile fare nomi adesso».
Come è il rapporto di suo fratello con la popolazione locale?
«Ottimo. Lo chiamano il gigante buono, per la sua stazza e la sua generosità».
Non aveva mai ricevuto minacce prima?
«No, mai. Giancarlo si è sempre tenuto fuori dalle questioni politiche. Lui si è sempre occupato, piuttosto, di aiutare il popolo filippino, coltivando un contatto quotidiano con chi ha bisogno. È un uomo molto semplice, per questo è benvoluto da tutti».
Come sta vivendo lei queste ore?
«Con tanta angoscia.
«Mio fratello, il gigante buono amato da tutti»
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