«Il mio lungo viaggio nella musica senza compromessi»

Il colore della celebre capigliatura cambia sfumature, ma questo è l'unico segno del tempo su Angelo Branduardi. La musica, e la fedeltà ad essa, non hanno subito mutazioni. Certo non è un caso che quest'anno la registrazione di un vecchio concerto del menestrello di Cuggiono (paese a Nord-Ovest di Milano e a due passi dal Ticino), sia stato recuperato e consegnato alla veste discografica, con l'aggiunta di tre inediti: «Senza Spina», questo il titolo dell'album, racconta di un concerto tenuto all'Olympia di Parigi nel 1986. Si tratta di un live rigorosamente unplugged, portato sul palcoscenico quando questa parola non era ancora una moda targata Mtv. Ebbene, basta ascoltare il Branduardi di ieri e quello di oggi, atteso al Teatro Smeraldo questa sera (ore 21, info: 02-29006767), per comprendere come il viaggio tra le note del cantautore lombardo non abbia accettato il minimo compromesso.
Maestro Branduardi, il suo passaggio allo Smeraldo sarà un tributo a quel concerto «senza spina»?
«Un tributo sì, ma non una ripresa. Il concerto di questa sera non sarà senza spina, ci sarà tempo per riprendere quell'esperienza, e anzi ci stiamo già muovendo per portarlo sul palco l'anno prossimo».
Richiamerà gli stessi musicisti di allora?
«Per il momento posso dire solo che sarà un concerto in forma di trio. Allora eravamo di più».
Com'è nata l'idea di ripescare quello storico evento?
«É stato Franco Ferretti, ingegnere del suono e flautista, a farmi riascoltare un’audiocassetta di allora. É stato uno dei primi concerti completamente acustici della storia, si può dire che ho anticipato di quindici anni quella che è poi diventata una moda. All'Olympia feci sette show, poi girai l'Europa».
Lei ha sempre avuto un rapporto speciale con le platee internazionali: è cambiato qualcosa negli anni?
«Posso dire di no. Sono sempre stato un musicista e un compositore di nicchia, non sono mai stato nazional-popolare. Ma il mio pubblico mi è rimasto sempre fedele, in Italia e all'estero. Se posso raccontare un mutamento nel pubblico, è rispetto a quello tedesco: il mio primo concerto in Germania avvenne nell'assoluto silenzio. Non ero abituato all'ascolto così attento e, diciamo così, contenuto. Ora le cose sono cambiate».
In «Senza Spina», lei ha inserito qualche inedito, tra cui una nuova versione di «'O Sole Mio» e «Il denaro dei nani»: li eseguirà dal vivo?
«Certo. La mia interpretazione di'O Sole Mio è molto delicata, ben lontana dalle pessima versioni urlate di tanti cantanti lirici. Di questo gioiello è stato fatto, negli anni, uno scempio. Pochi sanno che questa canzone è stata composta lontano dall'Italia, nella fredda Odessa. É una canzone che parla di nostalgia divorante. Ecco perché io ne faccio una versione lenta e trattenuta.

Il denaro dei nani invece si rifà a un'antica leggenda celtica, che narrava beffardamente di alcuni nani che si credevano giganti. É una delle mie poche canzoni di denuncia: parla del materialismo e dell'arroganza che ci affliggono oggi. I nani, si potrebbe dire, sono i responsabili della crisi, economica e non solo, che stiamo vivendo».

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