(...) basato sul garantismo e sul rispetto dei principi fondamentali dellumanità e della privacy. Ritrovarsi in quellarticolo è ritrovarsi in questo Giornale e nel nostro concetto di civiltà.
La decadenza, dicevamo. Ma siamo proprio sicuri che sia davvero così? Pensiamo agli imprenditori, ad esempio. E a quello che è cambiato in poco tempo.
Macerie. Cerano solo macerie, solo qualche mese fa. Una spaccatura che pareva insanabile fra il presidente uscente Marco Bisagno e il candidato nuovo, Vittorio Malacalza. Illustri pensatori che portavano come massimo delle argomentazioni per il rinnovo della carica il fatto che mai al presidente uscente era stato negato il bis. Piccola impresa e porto e mondo delle ex partecipazioni statali, che qui è a livello altissimo con Finmeccanica e Fincantieri, che non si parlavano. Una specie di tutti contro tutti che era quasi la caricatura dellindustria genovese.
Poi, la svolta. O, almeno, la svoltina. La proroga statutaria del mandato per un anno a Bisagno ha risolto molti problemi. E, ora, siamo qui a raccontare unaltra Confindustria genovese, con il suo rappresentante più significativo a livello politico, Edoardo Garrone, al numero due dellorganigramma nazionale, forse pronto a spiccare il volo definitivo verso la guida dellassociazione, come fa pensare la storia di tutti coloro che, da vicepresidenti, hanno avuto le sue deleghe. Primo genovese dopo Angelo Costa. E siamo nella storia, non solo perchè sono passati tanti anni. Decadenza?
Il programma di Garrone junior è serio, concreto, condivisibile. Come è serio, perbene e capace lui, degno erede di Duccio. Se solo si depurerà di certi eccessi di montezemolismo, con LCDM - indubbiamente bravo, per carità - trattato come unautorità morale nemmeno ci trovassimo di fronte a un mix fra Adam Smith e John Maynard Keynes, cè da giurare che sarà uno dei migliori vertici di Confindustria della storia. Ma la svolta non si ferma solo a Edoardo e nemmeno solo alla famiglia Garrone, che pure - da Duccio ad Alessandro - sta onorando il nome dellindustria a Genova. Decadenza?
Vittorio Malacalza si è dimostrato sempre più un «animale da industria», anche dopo la cessione dellacciaio allEst. Anzi, la sua capacità e la sua anima da capitano dimpresa vengono fuori proprio ora. Perchè, mentre un finanziere si sarebbe semplicemente messo in tasca i soldi - un mucchio di soldi! - Malacalza si è rimesso immediatamente in pista, da imprenditore puro. Decadenza?
E poi, soprattutto, è dalla base che stanno crescendo ottime notizie e speranze per lindustria genovese. Tanti piccoli imprenditori, spesso giovani, che magari non sono abituati a vedere finire i loro nomi sui giornali. Faccio solo due esempi. Francesco Berti Riboli, cuore e anima di Villa Montallegro, alla guida del settore sanitario è il miglior esempio di come «clinica privata» non sia una parolaccia, anzi. E di come si possano conciliare imprenditorialità e cultura, trasformando una casa di cura - sia pure la più esclusiva delle case di cura - anche in un centro di iniziative e idee. Chapeau.
Così come è assolutamente significativo il ruolo alla guida della sezione immobiliare di Mario Giacomazzi, imprenditore che, nel silenzio, nel lavoro, nellimprenditoria, ha saputo creare una delle realtà più vivaci e interessanti della nostra città. La sua capacità imprenditoriale è inversamente proporzionale alla sua partecipazione alle beghe genovesi. Che, per lappunto, è nulla.
A me, tutta questa gente, tutte queste imprese, tanto decadenti non sembrano.
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