Miracolo Hendrix: esce un cd con 12 registrazioni inedite

"Valleys of Neptune" è la raccolta curata da Eddie Kramer storico collaboratore del chitarrista che ha reinventato il rock

Miracolo Hendrix: esce un cd con 12 registrazioni inedite

Un disco inedito di Jimi Hendrix è una notizia da far tremare i polsi a tutti i rockfan. Una notizia che lascia anche un po’ scettici, perché Jimi, oltre ad essere il più grande chitarrista di tutti i tempi, è anche quello più saccheggiato della storia (anche il papà e la sorella, che ne curano i diritti e l’eredità, continuano a ripubblicare album con curiosità e versioni alternative), proprio lui che nella sua breve vita autorizzò l’uscita di quattro soli dischi e di una manciata di singoli.
Così sembra un miracolo l’uscita di Valleys of Neptune, nei negozi venerdì prossimo, che raccoglie 12 brani curati da Eddie Kramer, fidato ingegnere del suono e da sempre collaboratore di Hendrix. Alcuni già noti agli aficionados, d’accordo (ma completamente diversi e spesso più belli degli originali e soprattutto «curiosi», veri e non truffaldini). Un piccolo tesoro, un testamento inaspettato, anche per chi possiede il completissimo Box Set, con le ultime incisioni della Jimi Hendrix Experience, magnifico trio con Noel Redding al basso e Mitch Mitchell alla batteria (di lì a poco il chitarrista forma una specie di «orchestra», i Gipsy Sun & Rainbow, con cui si prepara a Woodstock).

Siamo nel 1969, dopo l’exploit di Electric Ladyland(un capolavoro talmente «avanti» da lasciare perplessi) e dopo un tour europeo che evidenzia le tensioni del trio. C’è un’ultima chance, le sessioni di registrazione organizzate agli Olympic Studios di Londra prima di sciogliersi. Da lì vengono fuori perle come una stravolta e scatenata cover di Sunshine of Your Love dei Cream (scusate ma Eric Clapton impallidisce al confronto); quasi sette minuti che da soli valgono l’ascolto del cd. Ma invece si continua sugli stessi livelli adrenalinici con la folle psichedelia e il canto tribale di Crying Blue Rain e con la ribollente sensualità di Lover Man (brano già noto ma in una versione completamente diversa) che è un personale omaggio del chitarrista a B.B. King. In quel periodo la vita di Hendrix è fatta di jam session improvvisate e di esperimenti; gli osservatori scriveranno che «darà vita a sedute di incisione organizzate in modo irrazionale, troppo affollata da gente in cerca di un attimo di gloria e da droghe sempre più devastanti per il suo equilibrio interiore».

Ma nessuno come lui sapeva manipolare i suoni, dilatarli, inventarli; le sue non erano canzoni, erano «mutazioni musicali». Prende un vecchio blues di Elmore James (da lui già inciso più volte) e lo trasforma in un inno cosmico; ci fa ammirare la sua tecnica e il suo cuore (così puro e al tempo stesso così tormentato in Lullaby For the Summer e nelle vibrazioni di Valleys of Neptune, di cui conoscevamo solo un estratto pubblicato sull’introvabile Lifelines) e qui esplosiva nei suoi quattro minuti di tensione. Ci sono anche cose note ai fan più esperti, ma tutte rivissute e completamente rielaborate se non stravolte dalla fiamma profana dell’improvvisazione blues (si rimane incantati da Hear My train A Comin’, durissima rispetto alla famosa versione acustica suonata con la 12 corde). La sua chitarra parla, piange, urla (ricordate l’imitazione del rumore delle bombe e delle mitragliatrici nella sua mitica versione dell’inno americano?) come posseduta da un demone. Si placa soltanto nell’incedere lento e ferino dell’assolo di Fire (altro pezzo noto ma qui allungato, dilatato e preparato per i concerti dal vivo, quindi non la solita versione alternativa). Sono tracce raccolte in periodi diversi ma straordinariamente omogenee. Riascoltando Stone Free si vola tra passato e presente; questo fu il primo brano che Hendrix fece ascoltare a Chas Chandler (l’ex bassista degli Animals che lo scoprì e lo lanciò) e uscì come retro di Hey Joe e però non fu mai pubblicata in America.

Fu registrata nel ’66 e poi incisa in questa versione (diversa da quella del Box Set) nel maggio del ’69. Come dire che Jimi ha fermato il tempo, e che negli anni ’60, con buona pace di tutti gli epigoni e degli odierni profeti del nuovo, aveva già scoperto e trattato tutti gli stili del futuro.

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