Mirandolina? Una decisionista molto moderna

Sandra Collodel supera la prova del suo «debutto goldoniano» in una nuova versione della «Locandiera» firmata dal regista Francesco Sala

Laura Novelli

Nel ’52 fu interpretata da Rina Morelli (la dirigeva Visconti). Nel ’65 il ruolo spettò a Valeria Moriconi (regia di Enriquez). Pochi anni più tardi se ne fece carico Annamaria Guarnieri in uno spettacolo firmato da Missiroli. Nel ’79 trovò le corde e il talento di Carla Gravina (a guidarla Giancarlo Corbelli). Ma la lista potrebbe proseguire a lungo perché Mirandolina - l’arguta protagonista de «La locandiera» di Goldoni - è un incontro che prima poi ogni brava attrice di teatro è chiamata a fare. E non è un caso che negli ultimi tempi la sua grinta fascinosa sia tornata di gran moda sui palcoscenici italiani. Segno che questa vezzosa locandiera fiorentina ha saputo mantenere attraverso i secoli una solida modernità di fondo e che il suo femminismo ante litteram possiede ancora oggi uno «smalto» bello lucido. Rafforzato, tanto più, da letture registiche che hanno saputo valorizzare gli aspetti più contemporanei della commedia goldoniana. Con sguardo assolutamente attuale l’ha riletta, per esempio, Giancarlo Nanni in un lavoro debuttato al Vascello qualche mese fa che vedeva Manuela Kustermann dare anima ad una Mirandolina visibilmente «novecentesca». Altrettanto vicina alla sensibilità odierna si colloca l’interpretazione di Mascia Musy, diretta anch’essa da Cobelli in un recente allestimento siglato Stabile del Veneto (girerà la Penisola nel corso della prossima stagione). Medesimo lavoro di «svecchiamento» hanno fatto Francesco Sala (regista) e Sandra Collodel (protagonista) nella versione dell’opera di scena attualmente al Toti Globe Theatre di Villa Borghese. Senza dubbio fa un certo effetto vedere un classico della commedia di costume settecentesca (non scevra da inclinazioni sentimentali e da marcati accenti satirici) adeguarsi alla concezione rinascimentale di uno spazio tanto scarno quanto aperto alle più fantastiche invenzioni. Come fa un certo effetto, dopo tanti ruoli drammatici (soprattutto Pinter) e tante commedie in odore di rimandi cinematografici (basti citare «Stregata dalla luna»), trovare qui una Collodel sospesa tra passato e presente, convinta di voler fare Goldoni (il suo primo Goldoni per l’esattezza) mantenendo tutte le sfumature (anche dialettali) del linguaggio e le tensioni emotive del suo personaggio ma, nel contempo, cercando di alleggerire i toni, di attingere ad un vocabolario quanto mai moderno. Dove il decisionismo e il coraggio di questa donna si misurano con una storia ancora oggi emblematica.

Ecco infatti che, circondata da un manipolo di pretendenti assai diversi tra loro (nei panni del Cavaliere di Ripafratta c’è Pietro Bontempo; in quelli di Fabrizio Gianluigi Fogacci; in quelli del Conte d’Albafiorita Gigi Savoia), la scaltra Mirandolina/Collodel metterà in scacco la presunzione, la sicurezza e la misoginia incallita di aristocratici e borghesi per sposare, dopo un’altalena di allusioni/illusioni sensuali e ammiccanti, l’umile Fabrizio, servitore di fiducia della sua locanda che il defunto padre le aveva già da tempo destinato.
Repliche fino al 6 agosto. Per informazioni: 06/82059127.

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