Per un po' di tempo non si è più parlato di lui, ma quando nacque nello zoo di Berlino il 5 dicembre del 2006, il frutto dell'accoppiamento tra la madre Tosca e il suo compagno Lars, scatenò una polemica che investì il mondo intero. Abbandonato, assieme al suo fratellino, dalla madre, come spesso capita in cattività, l'orso Knut riuscì a sopravvivere a forza di biberon, mentre alcuni talebani animalisti volevano che la natura facesse il suo corso, lasciandolo morire, come accadde per il fratello. Oggetto di una vera e propria "Knutmania", l'orso polare contribuì a rialzare le sorti di uno zoo che vedeva, proprio in quei giorni, morire Yan Yan, il panda gigante. Nel solo primo anno di vita, Knut fece aumentare le visite al giardino zoologico del 35% (e relativi introiti).
Ora che il batuffolo di candido cotone polare si è trasformato in un adulto di tre quintali, i riflettori hanno abbassato le luci su di lui, ma l'annuncio del tabloid "Bild", secondo cui Knut sarà costretto ad accoppiarsi con la madre Tosca, ha riacceso la ribalta e soprattutto ha rinfocolato una violenta polemica in tutta la Germania. Secondo lo zoologo Ragnar Kinzelbach, dell'università di Rostock, si tratta di una decisione «losca e ripugnante» e, quando i visitatori verranno a conoscenza della riproduzione forzata tra madre e figlio «giudicheranno la faccenda scandalosa».
In effetti, dopo il fallito tentativo con un'orsa italiana (Gianna), la madre di Knut è stata candidata dai responsabili dello zoo a diventare l'amante di Knut e, da mercoledì scorso, condivide il recinto con il figlio. Per quanto l'incesto sia molto discusso, dal punto di vista biologico e morale, in campo umano, si tratta di una pratica che occasionalmente viene sfruttata dagli animali (fra questi le scimmie) in determinate condizioni.
Normalmente, siccome l'unione tra consanguinei porta inevitabilmente alla luce tare ereditarie e in generale indebolisce le specie, gli accoppiamenti tra madre e figli in natura sono evitati. Così capita che nella stragrande maggioranza dei mammiferi, le madri caccino o allontanino dal branco i figli, prima che raggiungano l'età della riproduzione.
La maggior parte degli animalisti e degli scienziati tedeschi è profondamente contraria, anzi sdegnata da questa scelta, che odora più del profumo dei soldi che di protezione di specie in via d'estinzione, unico scopo per cui, a mio avviso, ha ragione d'essere un giardino zoologico.
«Non è tempo di riproduzione», si difende pateticamente una portavoce dello zoo. E che ci fa la madre, che ha abbandonato il figlio alla nascita, nel suo recinto? Mette in scena il mito di Giocasta ed Edipo? Speriamo almeno in una conclusione diversa.
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