Roma

Per la mobilità ci vorrebbe una bacchetta magica

Claudio Pompei

Il conferimento dei poteri speciali a Veltroni, a parte la confusione tecnica ingenerata dalla mancanza del provvedimento legislativo, equivale a nominare presidente di commissione uno studente bocciato alla maturità. Per carità: nulla di personale nei confronti del sindaco... Ma c’è un dato politico che dovrebbe far riflettere: il centrosinistra governa questa città ininterrottamente da più di tredici anni; un arco temporale che avrebbe consentito di realizzare più di una grande opera. Considerando anche che in questo periodo su Roma sono piovuti migliaia di miliardi di vecchie lire grazie ai finanziamenti per il Giubileo del 2000 e la legge su Roma Capitale. La montagna Rutelli-Veltroni ha partorito solo il proverbiale topolino, cioè il Sottopassino (il cui diminutivo la dice già lunga sull’importanza dell’opera) e il Passante a Nord-Ovest. Le politiche della mobilità si sono ridotte a ben poca cosa. L’unico settore che ha registrato un certo numero di realizzazioni è quello dei parcheggi: tutti costruiti da privati e acquistati da privati, mentre i quartieri periferici dove sono stati costruiti, hanno perso migliaia di posti auto. Quattro grandi progetti riguardanti l’allargamento della viabilità (Fidene-Salaria con cavalcavia, Boccea-Pineta Sacchetti, Laurentina-Gra e Olimpica) sono stati abbandonati nel 2000. Altri 9 progetti di viabilità radiale di accesso alla capitale (Roma-Fiumicino, Portuense con sottopassaggio, Aurelia, Cassia, Flaminia, Salaria, Pontina, Braccianese e Trionfale bis) non sono stati finanziati.
Sul fronte del trasporto pubblico, la situazione è ancor più disastrosa: l’unica opera per la quale sono stati da poco aperti i cantieri è la linea C della metropolitana. Un progetto reso possibile solo grazie al governo Berlusconi che introdusse la Legge Obiettivo stanziando il 70 per cento dei fondi necessari e dalla giunta Storace che garantì un altro 12 per cento dei costi. La tanto decantata «cura del ferro» che viene strombazzata ai quattro venti a ogni tornata elettorale, ha finito per ridurre al lumicino le poche linee tramviarie esistenti: dal flop del «Super-Otto» al 3 che funziona solo nel week-end a percorso ridotto, all’acquisto di decine di jumbo tram finiti nel «cimitero degli elefanti» perché inadatti alla rete dei binari. Le metropolitane? È come sparare sulla Croce rossa. Da un anno e mezzo la linea A chiude alle 21: guasti e incidenti sono all’ordine del giorno. La linea B - come riferiamo in questa stessa pagina - è messa ancora peggio: per gli utenti il servizio è un terno al lotto. Le ferrovie regionali (Roma-Viterbo e Roma-Pantano) funzionano da quasi un anno a singhiozzo: solo nell’ultima settimana sono saltate duecento corse. I responsabili di questi disastri sono stati nominati tutti con il beneplacito del sindaco, che si guarda bene - almeno ufficialmente - dal chiedere loro conto dei disservizi cronici. Cambierà idea, ora, con i poteri speciali? Può darsi, ma siamo convinti che nemmeno una bacchetta magica servirebbe a raddrizzare la situazione.
Ancora più preoccupante è l’atteggiamento assunto dall’opposizione capitolina sulle politiche della mobilità.

Alcuni esponenti di An, proprio in questi giorni, si sono distinti per le loro battaglie in difesa dei sampietrini (che provocano centinaia di incidenti e danni ingenti ogni anno) e per l’abbattimento della sopraelevata, l’unica grande opera realizzata a Roma negli ultimi 60 anni. Chi ci salverà?

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