Maria Grazia Chiuri lascia Dior dopo 9 anni di successi e una sfilata epocale a Roma

"Non ne può più di Parigi", dicono da mesi gli amici della stilista, mentre i nemici parlano di fratture insanabili tra lei e Delphine Arnault, presidente e ceo dello storico marchio francese

Maria Grazia Chiuri lascia Dior dopo 9 anni di successi e una sfilata epocale a Roma
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L'addio di Maria Grazia Chiuri a Dior dopo nove anni di travolgenti successi arriva all'indomani di una delle sue più belle sfilate. La designer ha infatti scelto di presentare la collezione Cruise 2026 con un mega evento magistralmente organizzato a Roma, la città in cui è nata e che ama in modo viscerale. Tra le molte ragioni di questo distacco dallo storico marchio francese pare ci sia soprattutto la voglia di tornare a casa, ovvero ne “La Bella confusione” che non è solo il titolo di un magnifico libro di Francesco Piccolo, ma una gran verità con cui romani e visitatori della Capitale si devono sempre misurare.

“Maria Grazia non ne può più di Parigi” dicono da mesi gli amici della stilista, mentre i nemici parlano di fratture insanabili tra lei e Delphine Arnault, presidente e ceo dello storico marchio francese nonché figlia prediletta dell'uomo che fondando il Gruppo LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy) è diventato il Papa del lusso mondiale. Il pomo della discordia tra le due donne sarebbe stato il licenziamento di Rachele Regini, figlia adorata della Chiuri che le aveva affidato un ruolo apicali nelle complesse ricerche culturali che hanno caratterizzato il suo spettacolare lavoro creativo.

Fin dalle prime sfilate Maria Grazia ha infatti rimesso la cultura di un certo tempo inquieto, il nostro, al servizio della moda. E la sua bravura è stata tale da riportare il femminismo al centro del dibattito estetico di un certo tempo inquieto, il nostro. La famosa T shirt di Dior con la scritta “We Should all be feminist (dovremmo tutti essere femministi) titolo del libro di Chimamanda Ngozi Adichie, l'attivista e intellettuale nigeriana che fa paura ai terroristi di Boko Haram, ha infatti segnato un punto di non ritorno per il marchio Dior. Legioni di donne nel mondo l'hanno comprata e indossata con orgoglio avvicinandosi a questo brand nato nel 1947 dal genio di un uomo timido e schivo ma assolutamente geniale nel trasformare i sogni delle donne in moneta sonante. Madame Chiuri ha lavorato piuttosto sui bisogni delle donne di oggi ottenendo però gli stessi risultati o giù di lì. Impossibile ottenere dati precisi visto che il Gruppo non fornisce mai i dati economici scorporati dei propri brand, ma i ricavi della divisione Fashion & Leather Goods di LVMH nel 2024 sono arrivati 41,060 miliardi il 20% dei quali secondo gli analisti finanziari di Bernstein sono attribuibili a Dior. Stiamo parlando di 8,2 miliardi cui poi bisogna aggiungere almeno un miliardo di beauty.

Insomma non è un caso se Maria Grazia Chiuri, durante l'incontro con la stampa prima della sfilata di Roma a chi le chiedeva se quello era davvero un addio a Dior e nel caso come si sentiva, ha risposto: “Non rispondo a questa domanda, ma vi assicuro che mi sento benissimo”. In effetti la collezione era una meraviglia, perfino l'abito da sera ispirato al costume dei gladiatori era un concentrato di eleganza e maestria sartoriale.

Lo show si è svolto nel giardino di villa Albani Torlonia sotto una pioggia scrosciante che non ha minimamente intaccato la magia di questa grande bellezza romana che la Chiuri ha celebrato con immensa professionalità. Agli ospiti della maison (800 persone provenienti da tutto il mondo) è stato offerto un tour molto speciale della città con tappe legate alle diverse fonti d'ispirazione cui si è ispirata Madame.

Tutto è cominciato con l'inaugurazione del Teatro della Cometa comprato e restaurato dalla designer che abita nello stesso palazzo Pecci Blunt in cui è stato costruito questo piccolo gioiello da 250 posti. Poi c'è stata una tappa nello studio dell'artista Pietro Ruffo, autore di straordinarie immagini riprodotte o ricamate sugli abiti. Da qui siamo passati all'Ara Pacis con le sue grottesche che hanno alimentato anche il genio di Michelangelo e infine nella sartoria Tirelli che da 60 anni confeziona i più bei costumi di scena per il teatro e il cinema mondiale.

“Lavorare con l'atelier degli Oscar è stato incredibile” ha detto la Chiuri rivelando che ha fatto fare alcuni modelli in garza medica sulla falsariga dei costumi creati da Tirelli per Isabelle Huppert ne La signora delle Camelie.

L'annuncio dell'addio è arrivato dall'Instagram della stilista. Speriamo sia vero che lei ritorni presto come direttore creativo di Fendi perché ci mancherebbe troppo questo suo modo di fare moda con il cuore, le mani e la consapevolezza del mondo.

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