«Modello Milano per ripresa e occupazione»

RomaLo «strappo» definitivo con le vecchie regole sulla rappresentanza degli interessi era stato annunciato ed è puntualmente arrivato. Ieri la Uil ha disdetto ufficialmente il Protocollo del ’93, cioè l’accordo sulla concertazione che ha regolato la contrattazione fino al 2009, anno del nuovo modello firmato dai datori, Cisl, Uil, Confsal, ma non dalla Cgil. Il segretario generale Luigi Angeletti ha inviato alla presidenza del Consiglio dei ministri, al ministero del Lavoro e a tutte le parti sociali, una lettera per uscire ufficialmente dall'accordo.
A scatenare una presa di posizione così dura, la decisione dell’Abi di applicare il vecchio accordo e non quello successivo, che è già in vigore ed è applicato in tutti i settori. L’Associazione vuole adeguare i contratti basandosi sull’inflazione programmata, applicando l’accordo che, ormai, solo la Cgil ritiene valido.
Una frenata, quella dell’Abi, che i sindacati hanno interpretato come una resistenza alla contrattazione decentrata e a un calcolo dell’inflazione che finirebbe per favorire i lavoratori. «Non si spiega - aveva commentato nei giorni scorsi il leader della Cisl Raffaele Bonanni - perché le aziende che fanno più guadagni (le banche, ndr) vogliano rimettere in discussione i contratti».
Per il momento la Cisl non ha disdetto l’accordo del ’93, anche se il segretario generale Raffaele Bonanni ha parlato di una «deriva incomprensibile», delle banche. Probabilmente la Cisl non lo farà e lascerà alla Uil il ruolo di rompighiaccio, anche perché la disdetta dell’accordo del ’93 ha come conseguenza quella di fare saltare le Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie) e il ritorno alle Rsa, un sistema nel quale ogni sindacato elegge i rappresentanti e fa trattative autonome in azienda. Secondo Angeletti, questa può diventare l’occasione per mettere mano alla questione che divide i sindacati da quasi 20 anni, cioè quella della rappresentanza e della rappresentatività.

Cisl e Uil vorrebbero arrivare alla certificazione degli iscritti, applicando un protocollo firmato anche con la Cgil nel 2008. La Cgil preferisce non affrontare adesso il nodo e punta semmai ad una legge sulla rappresentanza. Da fare, se e quando ci sarà, con un governo «amico».

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