
da Parma
Le inaugurazioni delle mostre d'arte, soprattutto se a carattere istituzionale, possono risultare sfinenti. Troppi discorsi, troppo pubblico, troppa distrazione, poco interesse intorno alle opere. La mondanità sfavorisce la concentrazione. Non per niente infatti la vita vera e propria di un'esposizione inizia il giorno dopo. A quel punto ci vanno le persone veramente interessate, quelle che vogliono ammirare i quadri, non i décolleté.
Volendo essere presente all'anteprima di Bella figura - Pittura italiana d'oggi a cura di Camillo Langone, a Parma, complesso monumentale della Pilotta, aperta al pubblico dal 10 ottobre al 30 novembre, avevo messo in conto la presenza del ministro della Cultura Alessandro Giuli, con tutto il contorno di guardaspalle, accompagnatori, sindaco, uno o più assessori, alti graduati dell'arma dei carabinieri e della finanza, sorveglianti, poliziotti in borghese, demi monde della provincia, vescovi, funzionari, segretari, mogli, amanti, imprenditori, fotografi, giornalisti, presenzialisti assortiti avidi d'inquadrature.
Ma una volta smaltiti i discorsi di rito, è bastato aspettare che gli istinti si agglutinassero intorno alla persona del ministro e, subito dopo, intorno alla tavola di un buffet particolarmente ricco di prodotti locali, dalla spalla cotta allo gnocco fritto, dal culatello al parmigiano.
Non c'è arte per quanto sublime che possa competere con il richiamo del ventre. Deve essere una reazione atavica: dove c'è un centro di potere o una fonte di nutrimento per il corpo, là si concentra l'energia collettiva. Quale occasione migliore quindi per approfittare in senso opposto dei flussi e godersi in quasi totale solitudine la sfilata dei dipinti.
Questa è una mostra di pittura figurativa. Celebra l'immagine della figura umana. Contiene 44 opere quasi tutte di grandi dimensioni di 18 artisti italiani viventi. "Non intende rappresentare e non rappresenta la totalità dell'arte italiana vivente. Non ne è un campione. È pittura figurativa che celebra la figura umana. Ma se deve rifarsi a dei modelli, questi sono Raffaello e Parmigianino, non Francis Bacon", sottolinea Langone. I suoi criteri estetici sono chiari, sono quelli che illustra da anni nel suo lavoro di ricerca in giro per l'Italia per il progetto Eccellenti Pittori. Le grandi tele di Giovanni Gasparro ne sono un esempio. Il ritratto di Adele Barbetta, o la rappresentazione spettacolare e drammatica di San Michele Arcangelo non solo non deformano i corpi, ma ne celebrano la trionfante plasticità. La Sacra famiglia di Rocco Normanno è un paradigma di proporzioni armoniche.
Le enormi composizioni (2 metri per 2) di Omar Galliani, matita su tavola, Nel sonno I, Nel sonno II e Nel sonno III sono apoteosi di bellezza femminile abbandonata all'eternità del cosmo. La mostra è articolata in due grandi sezioni: il Moderno e l'Eterno. Una si propone di rendere la testimonianza dell'oggi a favore dei posteri; la seconda è il dominio dell'atemporalità, del classicismo, non sfida il tempo ma accoglie l'infinito.
Due sezioni speciali sono dedicate rispettivamente al ritratto e all'arte sacra. Ritratto di Dulcinea del parmigiano Enrico Robusti assolve al compito di cristallizzare nel tempo lo sguardo e la postura di una donna, rendendola immortale. Poi, pensiamoci bene: l'olio su tela, nella suo bidimensionalità che è quasi la stessa dello schermo di un computer, è molto meno volatile. Resisterà di più all'entropia, non gli si potrà mai staccare la spina.
Daniele Vezzani con Beatrice e Marta propone il canone estetico della femminilità pronta a dare la vita. Una donna incinta è assorta nel futuro.
È proprio la vita a non mancare mai, in questi lavori. La carne, il gesto, la passione. Anche nel Ritrovamento del corpo di Pasolini, di Nicola Verlato, una tela di dimensioni ciclopiche, tecnicamente perfetta, si respirano allo stesso tempo confusione, cordoglio, incredulità, disperazione, ma anche il cinismo dei voyeur.
Nel clima di un'arte contemporanea che spesso sembra avere come unico fine seminare la disperazione e il nichilismo, la bella pittura ha una finzione redentiva.
Langone cita una frase di Walter Otto, storico delle religioni: "Al mondo nulla ha dimostrato di essere più produttivo dell'immagine del divino" e aggiunge: "Nulla è più fecondo dell'immagine del divino e dell'umano, nulla è più utile e soccorrevole della figura".Insomma, per capire tutto questo valeva la pena rinunciare al prosciutto crudo e alla stretta di mano del consigliere comunale.