Il moderno all’opera crea dei mostri inguardabili o da ridere

Chiamato in causa come «lettore piemontese» da un lettore-internet, spero che la sua cortesia vorrà permettermi (l’inserto genovese lo ricevo in ritardo) due righe di replica. Che il pensiero, i sentimenti, la sensibilità, il carattere, i comportamenti, ecc. dei grandi personaggi, storici o creati dal genio umano, siano eterni, si apprende dagli anni ginnasiali: cosa ovvia, dunque. Ma si apprende anche che la figura del personaggio non può essere avulsa dal suo tempo: linguaggio, usi, costumi, società, ecc. sono quelli. Se perciò si rappresenta «Amleto» in giacca e cravatta (è avvenuto) e contemporaneamente si parla di castello di Elsinore, di Inghilterra dipendente dalla Danimarca, di cannonate sparate a salve ad ogni bevuta del re, ecc. ciò è illogico, non serio, brutto.

La stessa cosa, per una malintesa (per tacere d’altro) rappresentazione «moderna» avviene, con molte opere liriche, che così si trasformano in mostri inguardabili o da ridere, private della loro bellezza per arbitrari cerebralismi.
Alessandria

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