Silvano Moffa, ispiratore del gruppo Iniziativa responsabile, l’appello di Maroni è stato già respinto dalla sinistra. Il ministro dell’Interno ha sbagliato i tempi?
«Semmai è la sinistra che ancora non ha fatto pace con se stessa».
In che senso?
«Maroni, dal punto di vista della Lega, ha ripreso un appello del capo dello Stato. Il Pd, insistendo sulla contrapposizione, ha risposto di no e indirettamente ha dato una risposta negativa anche al presidente della Repubblica Napolitano che si era preoccupato di mantenere la rotta in una Paese che rischiava l’instabilità a causa della speculazione finanziaria».
La sinistra avrebbe preferito questo scenario?
«La sinistra non trova né argomenti né alternative e rimane legata alle soluzioni giudiziarie. Ripropone un modello già visto altre volte, in epoche storiche recenti».
Quindi l’appello di Maroni, che lei ha condiviso, non è andato a segno. Sarebbe giusto riprovare?
«Le opposizioni hanno una posizione molto chiara, sono in preda a un eccesso di antiberlusconismo e non rinunciano a condurre una battaglia fuori delle logiche dello scontro. Generoso il tentativo di Maroni, ma si infrange contro chi continua a inseguire il mito della distruzione e non il sogno di un dialogo costruttivo tra maggioranza e opposizione».
Secondo gli ultimi sondaggi il sexgate non ha spostato molti voti a favore delle opposizioni. È la rinuncia al dialogo che non paga?
«Non capiscono i cambiamenti dell’Italia e quindi faticano a mettersi in sintonia con gli umori popolari, che sono sensibili alle necessità economiche, alla governabilità e alle riforme. Si attardano in una battaglia estenuante della quale la gente ha le tasche piene».
Futuro e libertà, partito del quale faceva parte, ha detto di apprezzare l’appello di Maroni, ma ha ribaltato su Berlusconi la responsabilità dell’impossibilità di una tregua. Gianfranco Fini ha chiesto le dimissioni del premier. Impossibile anche con loro deporre le armi?
«Io guardo con molta tristezza a quello che succede in quell’ambito. Vedo una forza subalterna a Casini, che insegue il disegno velleitario di un terzo polo. Mi domando cosa sia rimasto della richiesta di riforme economiche che qualificava l’interlocuzione tra Fli e governo. E mi chiedo cosa sia rimasto di destra in Fli».
Pensa che, come la sinistra, Fli si muova solo per tatticismo?
«La mia scelta di lasciare Fli è stata dettata proprio dall’esasperazione del tatticismo a scapito di una visione da destra europea, alla Cameron o Sarkozy, ma declinata secondo la specificità italiana».
Pensa che Fini si dovrebbe dimettere dalla carica di presidente della Camera?
«La soluzione a questo problema non può che appartenere alla sua coscienza.
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