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Moggi decreta il silenzio degli innocenti

La squadra non è più brillante. E anche Capello va sul banco degli accusati

Tony Damascelli

Il silenzio degli innocenti. Così pensa la Juventus, non sentendosi affatto colpevole dell’eliminazione ma avendo scelto comunque di chiudere la bocca, «pausa di riflessione» l’ha definita Luciano Moggi cambiando le parole ma non la sostanza, insomma silenzio stampa di qui a data da definire. Stanchi nelle gambe e forse anche nella testa, meglio tirarsi da parte anche perché domenica sera c’è la Fiorentina eppoi chi ha detto che questa Juventus, così fiacca e nervosa, sia in grado di gestire serenamente il patrimonio di 9 punti di vantaggio sul Milan? Tutto può accadere nel football anche se i miracoli, nonostante le teorie di Capello, non possono riguardare una squadra che ha il diavolo come simbolo. Ma la Juventus di questi tempi non garantisce il minimo indispensabile, anzi: «Ma tutto si può dire sulla squadra tranne che debba tirare fuori gli attributi», ha detto Moggi per ricordare gli striscioni e i cori della curva Scirea (propongo di cambiare il nome di questo settore del Delle Alpi, nel rispetto di un grande e leale professionista e uomo rappresentato invece da un manipolo di volgarissimi tifosi, alcuni dei quali delinquenti).
La Juventus dunque cerca e spera di fare gruppo anche perché non ha soluzioni diverse. Capello dovrebbe avere capito anche mercoledì sera che non bastano i cognomi, ci vogliono i polmomi e la fame del povero, caratteristica questa che qualche bianconero ha smarrito per strada. Giannichedda, per fare un esempio dei peones, ha fatto in una sola serata il trecento per cento in più di quello che Vieira aveva fatto prima di lui. Contro la Fiorentina meriterebbe la conferma ma la filosofia di Capello potrebbe invece portare al recupero del francese. Anche Emerson sembra, come hanno detto i cronisti inglesi, esausto e, a proposito degli inglesi, hanno scritto l’epigrafe della Old Lady, al secolo la Vecchia Signora: là dove c’era lady Diana oggi c’è Camilla Parker Bowles, insomma non è più la squadra fascinosa e cinica, è reduce da se stessa.
Capello, nel dopo partita, ha anche detto che è ormai difficile, quasi impossibile, bissare scudetto e coppa ma in contemporanea il Barcellona lo stava smentendo non certo per la tattica ma per la presenza di tre uomini che si chiamano Ronaldinho, Eto’o e Deco, in attesa del rientro di Lionel Messi. Ecco dove scatta la differenza a un certo punto della stagione: quando si perdono le energie dovrebbe eccellere la qualità, o almeno la fantasia, doti queste che non appartengono alla Juventus. Dopo Platini e Zidane non c’è stata mai la ricerca di un altro elemento che potesse e possa dare questo valore aggiunto né sarebbe stato facile, con i soldi che la proprietà non passava, reperirne uno sul mercato.
Ma sembra che la proprietà intenda scendere in campo. Prima di tagliare qualche testa dovrà tirare fuori qualche euro.

La Juventus che vola verso il ventinovesimo scudetto non può straziarsi per l’ennesimo fiammifero spento in Europa: «Ci fischiano? Magari scambiamo i nostri tifosi con quelli dell’Inter; a Milano sarebbero infelici di vincere un campionato?», ha detto un calciatore juventino, sotto voce, per non farsi sentire nel silenzio degli innocenti.

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