Carmine Spadafora
da Napoli
Alessandro Moggi e la Gea sono indagati anche dalla Procura di Napoli. I reati ipotizzati dai pm Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci sono gravissimi: associazione per delinquere finalizzata alla frode in competizione sportiva. Dunque, le brutte notizie per la famiglia Moggi raddoppiano: venerdì si era appreso che era indagato Luciano, potente dirigente della Juventus, ieri si è associato anche il figlio, uomo chiave della Gea.
La notizia che sono indagati i Moggi e alcuni dei soci della Gea in carica nel 2004 (Chiara Geronzi, Giuseppe De Mita, Riccardo Calleri e Franco Zavaglia), emerge dalle carte della seconda delle due proroghe delle indagini preliminari, disposte nei mesi scorsi. La nuova vicenda giudiziaria rappresenta lo stralcio di un'inchiesta sul calcio scommesse condotta da Beatrice e Narducci nel 2004, con la Direzione investigativa antimafia di Napoli e i carabinieri. Indagine tuttora in corso nei confronti di una parte degli indagati e, tra questi, Stefano Bettarini, quando giocava nella Sampdoria.
L'indagine di due anni fa, fu avviata a seguito delle dichiarazioni rese agli investigatori da Franco Dal Cin, ex dirigente dell'Udinese e all'epoca amministratore delegato del Venezia. Dal Cin, (già sentito precedentemente dall'Ufficio indagini della Figc) riferì agli inquirenti che era «opinione condivisa dalla maggior parte dei miei colleghi, che il Messina sia stato in diverse occasioni agevolato, quando gli incontri disputati erano diretti da un gruppo di arbitri facenti parte della cosiddetta combriccola romana». “Combriccola” che, secondo Dal Cin, era controllata dalla Gea e da Luciano Moggi, difeso dall'avvocato napoletano Paolo Trofino. Il dirigente del Venezia, successivamente ridimensionò la portata delle sue accuse. Ma, grazie alle sue dichiarazioni, due arbitri furono iscritti nel registro degli indagati: Marco Gabriele e Luca Palanca. Per i due fischietti, dopo alcuni mesi è arrivata l'archiviazione firmata dal giudice delle indagini preliminari, Sergio Marotta.
L'ipotesi di reato, associazione per delinquere, nei confronti di Luciano e Alessandro Moggi, e di alcuni dei componenti della Gea, avrebbe consentito agli inquirenti di autorizzare le intercettazioni telefoniche che coprono un arco di tempo relativo all'intero campionato 2004-2005. I dialoghi telefonici sono coperti dal segreto investigativo, in quanto, almeno per adesso, l'inchiesta non è ancora giunta alla fase di deposito di atti, come potrebbe portare a un avviso di conclusione delle indagini preliminari o alla emissione di misure cautelari.
L'inchiesta sul calcioscommesse nacque da una “costola” di una indagine anticamorra svolta dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il fascicolo giudiziario fu aperto dai pm Narducci e Beatrice a seguito delle dichiarazioni rese agli inquirenti dal pentito della camorra, Luigi Giuliano, ex potente boss di Forcella. Giuliano rivelò gli intrecci intercorsi tra un suo “collega” boss, capo di un clan attivo nella zona flegrea (trasferitosi tempo fa a Verona), Giacomo Cavalcanti ’o poeta, con personaggi della camorra flegrea e insospettabili. Rapporti che Cavalcanti avrebbe mantenuto nonostante la lontananza da casa, attraverso persone a lui vicine.
Paradossalmente, l'impero di Luciano Moggi, iniziato una ventina di anni fa a Napoli, quando la squadra di Ferlaino e Maradona aveva già vinto il suo primo storico scudetto, rischia di crollare proprio all'ombra del Vesuvio. L'indagine scrupolosa di due pm e un gruppo di investigatori, al lavoro da due anni, potrebbe mettere fine ad un discusso pezzo di potere del malato calcio italiano.
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