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La moglie e la figlia di Saddam nella lista dei più ricercati

Parlamento boicottato dai deputati sunniti per il rapimento della collega. Il fratello di Al Zarkawi chiede le spoglie del terrorista

da Bagdad

In Irak, fra rapimenti, attentati e nuove entrate nelle liste dei super ricercati ormai è il caos. Ieri il consigliere per la Sicurezza iracheno Mowafaq Al Rubaie, durante una conferenza stampa, ha diffuso la lista governativa dei principali ricercati dalla polizia di Bagdad. E, a sorpresa, nell’elenco delle 41 persone più braccate dalle forze dell’ordine sono finite Sajida e Raghad Hussein, rispettivamente la moglie e la figlia maggiore di Saddam. Al momento le due donne si trovano in Giordania. Il governo iracheno ha chiesto la loro estradizione, ma la Giordania ha risposto negativamente. Al Rubaie ha promesso che l’intelligence irachena si impegnerà al massimo per catturarle. Al primo posto della lista resta però l’ex vice di Saddam, Izzat Ibrahim al Douri.
Ma le rivelazioni del capo della Sicurezza non si sono certo fermate qui. Al Rubaie, infatti, ha reso noto che i servizi segreti iracheni «sono riusciti a infiltrare» il braccio mesopotamico di Al Qaida e sarebbero già sulle tracce dell’egiziano Abu Ayyub al Masri, alias Abu Hamza al Muhajir, succeduto alla guida del Consiglio della Shura dei Mujaheddin al defunto Abu Musab al Zarkawi, che è stato sepolto in un luogo segreto, seguendo comunque le regole imposte dal credo islamico.
Una spiegazione che non basta a Sayel Al Khalaye, fratello del terrorista giordano ucciso, che ha chiesto di poter avere le sue spoglie. «Non lo accettiamo, anche se è stato sepolto in Irak continueremo a chiedere che il corpo sia trasferito e seppellito in Giordania. Deve essere seppellito nel suo Paese».
La situazione interna del Paese rimane molto tesa. Ieri, mentre il capo della sicurezza irachena teneva la sua conferenza stampa, è arrivata la notizia della decisione del Fronte della Concordia (Tawafuk), maggior gruppo parlamentare sunnita (44 seggi su 275), di boicottare i lavori del Parlamento finché la sua deputata Taysir al Mashhadani, rapita sabato nella capitale, non verrà rilasciata.
Il leader del Tawafuk, l’anziano leader sunnita Adnan al Dulaimi, ha invitato anche gli altri gruppi parlamentari a unirsi al boicottaggio. «Dov’è il governo, dov’è la forza multinazionale, dove sono il Parlamento e i capi religiosi ?», ha chiesto polemicamente al Dulaimi, alludendo alle circostanze del rapimento della giovane deputata sunnita (31 anni, madre di due figli, ingegnere in un’impresa statale), sequestrata in pieno giorno assieme a sette guardie del corpo vicino a un posto di blocco delle forze di sicurezza governative nel quartiere di Shaab, alla periferia nord di Bagdad.
E le strade della capitale sembrano essere quanto mai poco tranquille per i membri del Parlamento. Ieri, nei sobborghi meridionali, un’altra deputata, Liqaa al Yasin, sciita, è invece sfuggita a un tentativo di rapimento. È andata decisamente peggio a una sottosegretaria al ministero della Salute, sequestrata sempre ieri insieme alle sue 5 guardie del corpo.
E non si ferma nemmeno la scia di sangue.

A poco più di 24 ore dalla strage in un mercato sciita della capitale, che ha provocato la morte di 66 persone, l’esplosione di un ordigno nella cittadina sunnita di Mahmudiya (35 chilometri a sud di Bagdad) ha causato la morte di 3 persone e il ferimento di altre 21.

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