Molise, dopo il tonfo la sinistra processa Prodi

nostro inviato a Berlino
Romano Prodi si è svegliato ieri mattina all’Hotel Adlon di Berlino con un cielo livido e la notizia della débâcle del Molise. Un test circoscritto, certo, ma il risultato non lo ha messo di buon umore: si tratta pur sempre della prima verifica reale dello stato di salute elettorale della sua maggioranza, dopo settimane di sondaggi deprimenti. E la conferma della scarsa popolarità dell’Unione non gli ha fatto piacere.
Tant’è che il Professore ha schivato i cronisti italiani che lo seguivano a Berlino e ci ha riflettuto un po’ prima di concedere il commento che aspettavano. Qualche telefonata a Roma per farsi spiegare i numeri, poi ha scelto la linea. Prima di tutto minimizzare: «Abbiamo perduto le elezioni locali nella dimensione locale che esse avevano». C’è stata, non si può negare, «una vittoria del centrodestra», ma era prevista, lascia intendere: «Avevano vinto anche l’altra volta, ma stavolta il margine di vittoria è più ristretto». Berlusconi ha poco da gioire, dunque. E ancor meno gli elettori locali: «Questo voto - conclude con un sorrisetto il premier - non costituisce un problema per il Paese, ma è un problema per il Molise».
I suoi sono soddisfatti: «Se l’è cavata bene, sembrava proprio una delle tue battutacce», si congratula col portavoce Silvio Sircana il giornalista Rodolfo Brancoli, che per l’ufficio stampa del premier segue le missioni estere. «Ma non gliela ho suggerita io, gli è venuta di suo», si schermisce Sircana. La «battuta» del Professore, però, piace poco o punto agli alleati del centrosinistra, che fino a quel momento a Roma avevano taciuto. E che da quel momento in poi iniziano a farlo trapelare nei loro commenti. Comincia Francesco Rutelli: saranno pure «locali», fa notare, ma «le elezioni è sempre meglio vincerle». E soprattutto «è sempre bene ascoltare la voce degli elettori», invece che avvertirli che è peggio per loro. I partiti dell’Unione fanno i conti, e constatano che l’arretramento rispetto alle politiche di sette mesi fa è pesante, e innanzitutto per i partiti dell’Ulivo, Ds e Margherita. E la Velina Rossa filodalemiana attacca il premier a testa bassa: non si usano «scusanti ridicole quando le cose non vanno secondo i desideri», «non è da grande dirigente politico minimizzare: il risultato delle politiche si è rovesciato». Ed è proprio l’Ulivo a uscirne «con le ossa rotte, dal 29 al 21%: sono queste le premesse del Partito democratico?». «Se l’Ulivo perde 10 punti mi pare ci sia un problema», ammette nei Ds il fassiniano Pietro Marcenaro. Cesare Salvi condivide: «Difficile negare un malessere complessivo nel nostro elettorato». E dunque, invece di occuparsi di Partiti democratici «che non interessano i cittadini, Prodi e i Ds cerchino di capire le ragioni di una debolezza di consenso che rischia di accrescersi».
Da Udeur, Rosa nel pugno, Pdci è un coro: attenti, sottovalutare è sbagliato. «Quel risultato desta preoccupazione», dice Diliberto. È «la spia di un malessere: c’è troppa sinistra e poco centro nell’Unione, bisogna recuperare equilibrio», incalza Mastella. «Fossi in Prodi, non liquiderei la questione», avverte Capezzone. «C’è un calo significativo da non sottovalutare», invita Fabris. «La sconfitta non va sottovalutata», gli fa eco Boselli.
Intanto Di Pietro getta benzina sul fuoco di una sconfitta da lui annunciata: al vertice di Villa Pamphili, due settimane fa, aveva lanciato l’allarme: «Guardate che in Molise rischiamo la batosta, Berlusconi sta facendo campagna elettorale sul serio e di voi lì non si è visto ancora nessuno. Devi darti da fare, Romano». E Prodi lo aveva accontentato, mostrandosi per un giro elettorale nella regione e assicurando a gran voce: «Vinceremo». Non è andata così, e ora Tonino si sfoga: «La sconfitta deve far riflettere, non si può fare i minimalisti». E attacca la Margherita, rea di aver «imposto» il suo candidato.

Gli replica veemente il Dl Soro: «È grave che un ministro in carica manifesti tutti i giorni il suo fastidio e la sua distanza dalla coalizione, è solo la patetica manifestazione di un furbo politicante deciso a lucrare sulle difficoltà dell’Unione».

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