Molotov e razzìe, assedio al museo egizio

Il Cairo «Per fortuna non ci sono danni, ma il museo è proprio in mezzo agli scontri». La tensione di Tareq Awady si scioglie in sollievo solo quando i vigili del fuoco da giorni messi a guardia del «suo» museo gli assicurano che l’incendio è domato. Il bilancio, spiega il direttore del museo egizio del Cairo, è stato peggiore l’altra volta, quando un gruppo di persone è entrato nell’edificio e ha saccheggiato il negozio di souvenir, spaccato vetrine, danneggiato due mummie, una statuetta di Tutankhamon e 13 vetrine. «Abbiamo difeso il museo con i nostri corpi -racconta- ma l’esercito è arrivata solo dopo un’ora».
Ieri l’allarme è scattato quando un nutrito numero di molotov è atterrato all’interno del recinto del museo, scatenando un vistoso incendio. La battaglia è stata combattuta proprio accanto al grande edificio del Museo egizio. Per ore, in una delle strade che portano alla piazza Tahrir e che costeggia il grande edificio rosa, i sostenitori di Hosni Mubarak e i manifestanti che da giorni chiedono la fine del regime egiziano si sono scontrati a pochi metri dalle porte del museo. Hanno lanciato sassi, sono saliti sulle inferriate e il cancello d'entrata per meglio lanciare le molotov. «Non so se le hanno lanciate intenzionalmente contro di noi», dice cauto Awady, ma c’è grande preoccupazione per le sorti di questo scrigno che all’interno contiene il più grande tesoro culturale dell’Egitto. E anche una sua primaria fonte di ricchezza, visto che qui è una meta turistica obbligata.
Il museo delle Antichità del Cairo da 150 anni custodisce la più ricca e completa collezione al mondo di testimonianze sulla civiltà egizia: 136.000 reperti. Tra i più famosi, il tesoro di Tutankhamon, con lo splendido sarcofago, scoperto nel 1922, una delle poche dotazioni funerarie sfuggite ai razziatori di tombe. E poi la testa di Nefertiti, e le statue del faraone Akhenaton. Aperto nel 1958 con le collezioni raccolte dall’archeologo francese Auguste Mariette, che lavorava al servizio di Ismail Pasha, fu creato dal governo egiziano proprio per dare un impulso alle ricerche e fermare il saccheggio delle tombe.
La maggior parte degli egiziano sa benissimo quanto vale, per il futuro dell’intero Paese, il contenuto di quell’edificio , che il governo progettava di trasferire in una nuova sede in costruzione vicino alla piramide di Giza. Dopo l’assalto di sabato scorso, gruppi di cittadini si sono volontariamente organizzati per sorvegliare la struttura e impedire altri assalti. Ma quel museo è anche un patrimonio inestimabile che appartiene all’umanità intera. E la comunità scientifica mondiale in queste ore trepida al pensiero di quel che può accadere.

Eleni Vassilika, direttore del museo egizio di Torino, ha dato corpo alle paure di molti: «Non voglio pensare che la matrice di questi attacchi sia di stampo religioso». Atti di iconoclastia fondamentalista, tesi a cancellare testimonianze pre islamiche, come quelli accaduti ai Buddah dell’Afganistan, sarebbero un delitto intollerabile.

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