Con molti tumori si può convivere

Dal 23 al 26 giugno saranno presenti a Milano oltre 700 urologi, oncologi, radioterapisti, epidemiologi per il XIX congresso nazionale della Società italiana di urologia oncologica (Siuro). Tanti i temi che verranno affrontati, tra i primi il tumore alla prostata, la neoplasia più diffusa tra gli uomini, rappresenta il 18,2% dei nuovi tumori maschili diagnosticati. Di questa e di altre patologie parliamo con il professor Giuseppe Martorana, presidente della Siuro. Dopo la laurea si è specializzato a Genova. Allievo del professor Giuliani, un pioniere dell'urologia a livello internazionale,nel 1994 Martorana ha vinto la cattedra di urologia dell'università degli studi di Bologna. Nel suo Dipartimento vi sono due Unità operative di urologia, articolate in diversi settori e moduli che svolgono attività ultra specialistiche. Vi lavorano quaranta urologi, compresi 15 medici specializzandi. Nel dipartimento ogni anno vengono visitati oltre 20mila pazienti ed eseguiti 4mila interventi chirurgici. «A 50 anni - afferma il professor Martorana - un soggetto su quattro può avere cellule cancerose nella ghiandola prostatica. A 80 anni questo rapporto sale a uno su due. Possiamo quindi dire che, invecchiando, il rischio di cancro della prostata aumenta. Fortunatamente, però (a differenza di altri tipi di cancro) è più probabile morire con il cancro della prostata, che per il cancro della prostata. L'uomo ha infatti il 30 per cento circa di possibilità di venire colpito dal cancro della prostata, ma solo il 3 per cento di morire a causa di esso. La buona notizia è che, se il cancro della prostata viene scoperto precocemente, quando cioè è ancora confinato alla ghiandola, ci sono ottime possibilità di un trattamento risolutivo con minimi effetti collaterali. La cura di un cancro che è andato oltre la ghiandola è più difficile, ma esistono trattamenti che consentono un adeguato controllo della malattia. Importante - precisa Martorana - è la prevenzione e la diagnosi precoce, ma si hanno ancora perplessità su uno screening di massa su gran parte della popolazione. Vi è infatti il rischio di iniziare dei trattamenti su pazienti che per la lenta evoluzione della neoplasia potrebbero essere evitati». La ricerca scientifica in quest'area della medicina è continua e non priva di risultati. «A Milano si discuterà su nuovi biomarcatori. Attraverso l'identificazione di proteine presenti nelle urine sarà presto possibile verificare eventuali cellule neoplastiche. Si stanno sperimentando anche nuovi farmaci ormonali che promettono molto nella cura del tumore alla prostata. La terapia ormonale è già ora impiegata in circa il 75 per cento dei cancri prostatici avanzati con l'intento di ridurre l'effetto negativo degli ormoni sessuali maschili che accelerano la crescita della neoplasia. La prostatectomia radicale rimane comunque il cardine delle cure del cancro alla prostata», precisa il professor Martorana ricordando che oggi si utilizzano tecniche chirurgiche che portano alla guarigione e consentono di conservare nervi e muscoli, riducendo al minimo le due complicanze post-operatorie più temute: l'incontinenza urinaria e l'impotenza. In molti casi la migliore cura è rappresentata dalla «vigile attesa», cioè dal controllo periodico del cancro senza interventi specifici. Questa opzione è valida soprattutto per pazienti di età avanzata e in non buone condizioni generali». Gli urologi oncologi da anni sono accesi sostenitori del lavoro multidisciplinare di tutti gli specialisti. Le aree di intervento dell’urologia oncologica sono molte: la vescica, il rene, il testicolo.
«Il cancro della vescica - ricorda Martorana - è trattato in stretta collaborazione con gli oncologici e gli immunologi, il solo modo che consenta un controllo adeguato dell'evoluzione della malattia. Il nostro compito è quello di asportare il tumore attraverso un intervento endoscopico o un intervento chirurgico classico. Per il cancro del rene l'unico trattamento possibile è la nefrectomia radicale che prevede l'asportazione del rene, della ghiandola surrenale e dei linfonodi. Un paziente può vivere bene anche con un solo rene. La diagnosi di cancro del rene è cambiata negli ultimi anni. In passato, il sospetto nasceva in presenza di sangue nell'urina ed eventualmente dolore al fianco. Oggi, molti tumori vengono scoperti occasionalmente durante un controllo ecografico dell'addome in assenza totale di sintomi. Questi tumori sono piccoli e la semplice asportazione del tumore può essere effettuata anche in laparoscopia». Il cancro del testicolo è abbastanza raro, ma è la forma più comune nell'uomo nella fascia di età tra i 15 e i 35 anni . Le terapie hanno fatto grandi passi avanti negli ultimi trent'anni.

«Mentre negli anni Settanta - ricorda Martorana - il 90 per cento dei pazienti con cancro avanzato del testicolo moriva per la malattia , dagli anni Novanta in poi, grazie ai progressi della biologia del tumore e all'introduzione di potenti farmaci antitumorali da usarsi insieme alla chirurgia, il 90 per cento dei pazienti guarisce».

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