Bei tempi quando nel monastero di Santa Chiara cera il «pienone»: ben cinque sorelle di clausura. Del resto in un periodo di crisi di vocazioni bisognava pur accontentarsi.
A Bisceglie quello sparuto gruppo di suore era unistituzione. Religiose «invisibili» come si conviene a monache daltri tempi. Su di loro nessuna chiacchiera, mai un pettegolezzo. Ora et labora. Insomma, sante donne. Poi due lutti improvvisi e dolorosi: il decesso di suor Agnese e la morte di madre Candida. Qualcosa, forse, nellarmonia del gruppo si rompe. Cominciano a circolare strane voci. Si narra di tensioni, di litigi, addirittura di aggressioni. Cè chi giura addirittura di aver visto suor Liliana (una delle tre «superstiti» in forza allabbazia) costretta a ricorrere alle cure del medico per non meglio precisate ferite lacero-contuse.
«Le monache di Santa Chiara se le danno di santa ragione», scherzano i fedeli. Peccato che i superiori delle religiose non abbiano alcuna voglia di ridere. Anzi, prendono la cosa seriamente e passano a «vie di fatto» burocratiche, ma altrettanto dolorose. Larcivescovo della diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, monsignor Giovan Battista Pichierri - «dopo attenta e ponderata riflessione» - chiede alla Santa Sede (tramite la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica) «chiarimenti sul governo del monastero».
A giudizio infatti del cancelliere arcivescovile, monsignor Giuseppe Asciano, nel convento «non è possibile garantire un sereno prosieguo della vita monastica» anche a causa di «una non facile convivenza tra le monache presenti in monastero».
Intanto il «governo» del monastero è stato affidato ad un alto prelato, monsignor Filippo Salvo e nel convento è rimasta solo la badessa, suor Liliana; le altre due monache, suor Annamaria e suor Gianbattista, sono state trasferite nel convento delle Clarisse di Altamaura. Questione chiusa, quindi? Neanche per sogno. Suor Liliana si insediò nel monastero di Santa Chiara 45 anni fa e ora non ha alcuna intenzione di mollare. È decisa a fare «resistenza passiva» annunciando che dalla sua cella uscirà solo «da morta». Inoltre è intenzionata a scrivere una lettera al Papa per spiegare i veri motivi di questa situazione. In sintesi: la diocesi vorrebbe impossessarsi del struttura e questa storia delle monache litigiose sarebbe tutta una montatura per accelerare la pratica.
Uninterpretazione che larcivescovo Pichierri rifiuta sdegnato, confermando la linea del rigore: «Niente più celebrazione della santa messa e ritiro immediato dell'Eucarestia dalla cappella del monastero. Rimane invece invariata la celebrazione della santa Messa domenicale nella chiesa esterna del monastero». L'avviso è pubblico e porta la data del 30 agosto. I fedeli restano spiazzati. Vorrebbero saperne di più. E così arriva la nota ufficiale del 27 settembre: «La rottura della comunione ecclesiale si è venuta a creare dopo i ripetuti atti di insubordinazione da parte della badessa nei confronti dell'arcivescovo».
La badessa ha già perdonato le sue consorelle, ma non ha alcuna intenzione di porgere laltra guancia al vescovo.
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