«S iccome gli astrologi non sanno più leggere - diceva Antonin Artaud - per dire ciò che ho visto mi baserò sui tarocchi». Non è mai un'idea umiliante né pigra per un artista adottare un immaginario ricco e suggestivo già esistente, e usarlo, arricchendolo e persino forzandolo, per esprimere i propri sentimenti. Spesso i risultati sono di una lievità poetica insolita, poiché «il modello» leviga le sgranature artistiche di colui che vi si ispira. Anche la pittrice (e scrittrice, nonché principessa) Livia Colonna di Stigliano ha adottato l'immaginario dei Tarocchi e come questi abbiano fecondato il suo pennello lo possiamo vedere nella mostra «La dama, vulcani e tarocchi. Una storia fantastica» (fino al 10 ottobre allo Studio di Giovanna Simonetta, tel. 02-717160). «Il mio cognome - ci dice Livia Colonna - mi accomuna a tante persone che non mi piacciono e che lo sciorinano come fosse un passpartout. Io spero solo di essere idonea al nome che porto, che mi riconduce al ramo napoletano della famiglia Colonna, quello meno paludato, meno papalino. Sono nata a Roma, comunque, ma, ci tengo a dirlo, da padre napoletano».
Napoli nelle vene, già. «Sono "parte napoletana", come diceva Totò, e "parte nopea". Questa città, con i molti stranieri che vi arrivano e i colori estrosi ma mai pesanti, ha influito parecchio su di me, prima che io l'abbandonassi prima per i viaggi, poi per la campagna marchigiana poi per Milano, dove abito da poco tempo in una casa silenziosissima, e quasi solo nel mio quartiere. Non faccio pittura svedese, insomma». Il primo quadro della serie ispirata ai Tarocchi è del 2007, poco successivo alla pubblicazione del libro I sette scorpioni di Isis (Sperling & Kupfer). «Un nuovo capitolo creativo - ci racconta la principessa. Certo, dipingo fin da bambina, ma almeno fino al 1998, quando Italo Faldi mi ha recensito su Il Giornale dell'Arte, non ho voluto dare una valenza pubblica al mio dipingere». Che è un'arte tutta «verso l'alto»: prima delle figure slanciate dei suoi tarocchi e di altri personaggi o atmosfere ad essi collegate, i temi di Livia Colonna erano cupole, cieli, teste di pino. «È perché sono molto alta, amo scherzare. Un amico critico mi ha detto: "Prendi solo il sopra delle cose". Ognuno ha le sue fascinazioni, ma anche le sue ragioni. Come per gli scrittori di aforismi, che mettono in una sola frase ficcante il risultato dei loro processi filosofici, io mi sforzo di dipingere i risultati, non il procedimento o il percorso. Anche perché... le radici sono molto belle, ma dove le si hanno concretamente? Dove sono le radici della nostra anima? Dipingerle non è un arbitrio immaginativo? Preferisco fissare il prodotto finale di un'elaborazione interiore».
Sarà questo che dona all'ultima produzione di Livia Colonna una fantasia che non urta l'osservatore: non c'è drammaturgia in queste figure di tarocchi, che, come le carte degli originali, sono sempre scevre di interpretazioni negative o deterioranti.
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