nostro inviato a Duisburg
Tra le prime al mondo ma scorticati vivi dai giornali stranieri. È l’ultima scoperta amara della Nazionale di Lippi che ha pure un contenzioso aperto con i giornalisti italiani al seguito. Ma di altra natura, quisquilie avrebbe detto Totò. Da Berlino e da Madrid giungono attacchi concentrati su due lati, uno, in effetti un po’ retrò, attiene allo stereotipo, l’italiano col mandolino e quel che segue, l’altro, sul versante specifico, del calcio fin qui offerto, giudicato dagli spagnoli del Pais cavernicolo addirittura.
Nel fortino di Duisburg dove alloggiano gli azzurri, l’assedio della stampa estera è l’argomento del giorno che si snoda allegramente grazie anche alla domanda di un argentino che ringhia per il gol in fuorigioco convalidato al Brasile (il 2 a 0 di Adriano contro il Ghana) e quel rigore “omaggiato” all’Italia contro l’Australia. Un episodio accertato più un altro discutibile, fa sommare una certezza. Chiede diretto a Nesta che lo guarda torvo e gli rifila la risposta secca. «A casa tua, in Argentina, è tutto a posto?». Nel merito Alessandro, che è poco incline ai dibattiti ma quando si presenta non si tira indietro, incalza la platea: «Quello è un rigore che si può dare, visto sul campo». E poi taglia corto informando l’interprete che il giornalista argentino «è uno che fa casino». Risata collettiva e si passa all’altra frecciata, pardon all’altra domanda.
In verità ferisce maggiormente la stilettata del Der Spiegel sugli italiani mammoni e parassiti. Qui si sfiora l’incidente diplomatico, con Giancarlo Abete, capo-delegazione pronto a coinvolgere, informalmente, l’ambasciatore Puri Purini, già ospite della Nazionale nelle prime tre partite, prima delle scuse ripetute on-line con ritrattazione solenne. Beppe Grillo, dall’Italia, suggerisce addirittura una telefonata di Prodi al cancelliere Merkel: meglio non peggiorare la situazione. Vista da Duisburg, sede del fortino azzurro preso d’assedio, l’attacco brutale provoca una reazione secca. Nesta azzarda: «I tedeschi scrivono così perché ci temono in una eventuale semifinale. Noi siamo orgogliosi di quel che stiamo realizzando». Meno disinvolto invece sull’aggettivo che qui i paisà usano come un’arma impropria da rivolgere contro i tedeschi. «Chi sono i parassiti? Come italiano mi sento offeso. Questi stereotipi fanno parte di una cultura vecchia e abusata. La storia del popolo italiano dimostra che siamo dei lavoratori, che abbiamo dell’ingegno» riflette ad alta voce l’azzurro rimasto in un cantuccio del mondiale, nella speranza di una guarigione lampo.
Forse è il caso di capire al volo la musica. Lo spettacolo mostrato dalla Nazionale e i vizi antichi made in Italy sono solo il paravento dietro cui si annida il motivo principe di tanta e diffusa ostilità internazionale. Tutto muove e discende dallo scandalo del calcio italiano, da moggiopoli per dare un nome e un cognome, dalle cronache che rimbalzano in Germania, dall’intreccio inevitabile tra il tormentato cammino degli azzurri al mondiale e il maxi-processo che si apre oggi nello stadio Olimpico di Roma. «Ora mi concentro sul mondiale, quando tornerò mi occuperò del resto, nel frattempo leggo e mi documento, ma la testa è al mondiale» ripete Nesta dinanzi all’ennesima domanda sull’argomento che ha sempre lo stesso accento, inglese, guarda caso.
Meno irriverente risulta la curiosità tutta italiana di conoscere un parere sulla comparsata di Luciano Moggi a Ballarò, la tribuna deserta, le telecamere per lui. S’informa Nesta premuroso. È questa la nostra spina in gola, allora. «Noi stiamo affrontando questa emergenza con dignità ed orgoglio, devono almeno riconoscercelo» s’infiamma Gigi Riva che non è certo un tipo fumantino eppure prende cappello specie se lo feriscono nell’onore.
«Da arbitri e Fifa abbiamo invece ricevuto il massimo rispetto» segnala Abete che tiene a tenere distinti i due diversi piani, la cattiva stampa da un lato, dall’esito positivo degli interventi diplomatici per evitare che le squalifiche di De Rossi e Materazzi sconfinassero nel terreno della lezione esemplare. Riva si sa ha il contropiede facile e allora si toglie il sassolino dalla scarpa con gli spagnoli i quali giudicano il risvolto estetico del nostro calcio troppo datato. «Giocheremo con la clava ma loro sono sull’aereo e tornano a casa. Dovrebbero invece interrogarsi perché da una vita non vincono niente e non arrivano mai in fondo ai tornei» chiosa Gigi. Senza sapere che anche Nesta e gli azzurri non riconoscono granché ai tedeschi che pure marciano col vento in poppa.
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