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Accademico americano accusa Spongebob di essere pro-colonialismo

Le avventure di Spongebob servirebbero a spacciare per normali le atrocità compiute in passato dagli americani verso gli indigeni dell’atollo di Bikini

Accademico americano accusa Spongebob di essere pro-colonialismo

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Holly M Barker, accademico americano, ha in questi giorni lanciato un “attacco a Spongebob, accusando l’allegra spugna marina amica dei bambini di essere pro-colonialismo.

Le avventure del personaggio in questione, che festeggia nel 2019 venti anni dalla sua creazione, conterrebbero infatti, a detta del professore dell’università di Washington, messaggi subliminali a favore delle occupazioni territoriali colonialiste. La controversa tesi è stata esposta da Barker in una sua recente disamina pubblicata sulla rivista scientifica statunitense The Contemporary Pacific: A Journal of Island Affairs, citata recentemente dal quotidiano inglese online The Independent.

L’accademico sostiene appunto che Spongebob, abitante del luogo inventato Bikini Bottom, sarebbe stato concepito per spacciare come normali le brutalità colonialiste e razziste commesse dagli americani contro alcune popolazioni indigene: “Spongebob e i suoi compagni di avventure hanno un ruolo cruciale nel rivestire di una patina di normalità le occupazioni abusive di terre perpetrate ai danni dei loro legittimi proprietari, ossia i popoli nativi.

In particolare, il nome Bikini Bottom sarebbe un esplicito riferimento all’atollo di Bikini, facente parte della Repubblica delle isole Marshall, nell’Oceano Pacifico. Lì, accusa il docente, il governo americano, nel 1946, mise in atto una vera e propria invasione colonialista, ordinando l’espulsione degli indigeni così da adibire l’isola a laboratorio per esperimenti nucleari. Gli abitanti di Bikini vennero infatti deportati dalla terra dove vivevano da secoli e, nel corso del loro esodo forzato, vennero privati dalle autorità americane, sempre ad avviso di Barker, di cibo e di acqua, finendo condannati alla denutrizione.

L’atollo appartenente agli indigeni sarebbe stato quindi, nel corso della Guerra fredda, contaminato irrimediabilmente dalle radiazioni sprigionate dai test atomici Usa, costringendo così gli isolani a non fare più ritorno a Bikini. Chiunque fosse tornato ad abitare nella terra dei propri avi, spiega l’accademico, sarebbe andato incontro a danni irreversibili alla salute e ad alterazioni genetiche, tutte conseguenze della contaminazione da radiazioni nucleari.

La tragedia del popolo delle Marshall verrebbe quindi banalizzata dal cartone animato Spongebob, colpevole di inculcare ai bambini un’ideologia che legittima le invasioni colonialiste delle terre dei nativi e gli attentati alla sovranità altrui.

Barker sostiene infine che le storie della spugna marina sarebbero anche zeppe di “stereotipi” nei riguardi dei popoli degli atolli del Pacifico.

Il fatto che nei cartoni incriminati si notino buffi personaggi vestiti all’hawaiana, case a forma di ananas, idoli polinesiani e Moai costituirebbe appunto la dimostrazione della volontà dei creatori della serie animata di mettere in ridicolo la cultura e le usanze dei nativi.

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