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Parigi vuole tenersi il Cristo deriso di Cimabue

L’opera di Cimabue, del valore di oltre 24 milioni di euro, è stata trovata per caso nella cucina di una casa di campagna a Compiègne, a nord di Parigi

Parigi vuole tenersi il Cristo deriso di Cimabue

Sembra proprio che non ci siano speranze di far rientrare in Italia il "Cristo deriso", un dipinto su legno di Cimabue di piccole dimensioni (25,8 cm per 20,3 cm) dal valore di decine milioni di euro.

Il ministero della Cultura francese ha, infatti, firmato il provvedimento che sancisce il blocco dell'esportazione del capolavoro del 13esimo dell’artista fiorentino, maestro di Giotto. Con questo intervento è stata conferita all'opera lo statuto di "tesoro nazionale" per un periodo di trenta mesi, che comincerà a partire dalla notifica della decisione al proprietario del prezioso bene. In questo arco di tempo, la Francia per raccogliere i fondi necessari ad acquistare il "Cristo deriso". Se, come sperano le autorità francesi, tutto andrà secondo i piani, il dipinto raggiungerà la "Maestà" dello stesso Cimabue già conservata al Museo del Louvre.

La storia di questa opera è decisamente particolare. Venduto all’asta a fine ottobre, il dipinto è stato perso e poi ritrovato per puro caso in un luogo insolito e ora si trova al centro di una controversia legale. Il capolavoro, realizzato a tempera su fondo dorato, adornava una cucina di una abitazione a Compiègne, piccolo comune a nord di Parigi, come un quadretto qualsiasi.

L'anziana proprietaria di casa apprezzava l’opera e supponeva che si trattasse di un'icona religiosa greca. Un giorno, per curiosità, ha deciso di farla valutare. È stato allora che con sua grande sorpresa ha ricevuto una notizia inattesa.
È emerso che il dipinto, con certificazioni di Jerome Montcouquil esperto d'arte del laboratorio di periti Turquin, è il famoso "Cristo deriso" di Cimabue dal grande valore economico. Actéon, infatti, lo aveva battuto all’asta per quasi 24,2 milioni di euro all'inizio di novembre ad un paio di collezionisti cileni.

Ma la vicenda non si conclude qui. La donna che ha venduto il dipinto è morta poco dopo la vendita. I suoi eredi devono ora pagare 9 milioni di euro di imposta sulle successioni, almeno secondo chi ha condotto l'asta. Poi, forse, sarà acquistato dallo stato francese.

Sull’autenticità dell’opera non vi sono dubbi. Inoltre, secondo il laboratorio di periti, il quadro è in eccellente stato di conservazione. Con ogni probabilità è un elemento di un dittico del 1280, nel quale erano rappresentate su otto pannelli di simili dimensioni, alcune scene della Passione di Cristo. Fino ad oggi, se ne conoscevano due: "La Flagellazione", custodita nella Frick Collection di New York e la "Madonna col Bambino in trono" conservata alla National Gallery di Londra.

La decisione di bloccare l'esportazione è stata approvata dal ministro francese della cultura Franck Riester. "Saluto positivamente il ruolo importante ricoperto dal dispositivo di controllo sull'esportazione dei beni culturali, finalizzato a proteggere e arricchire il patrimonio nazionale e ringrazio i membri della Commissione consultativa dei tesori nazionali, sotto l'impulso del suo presidente, Edmond Honorat, il cui attento esame della proposta di rifiuto del certificato chiarisce la mia decisione.

Grazie ai tempi concessi da questa misura, potranno essere effettuati tutti gli sforzi affinché quest'opera eccezionale possa arricchire le collezioni nazionali".

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